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Shankara e Ramana

Alcuni devoti di Sri Ramana credono che egli si sia in un certo modo allontanato dall'Advaita di Sankara. La convinzione, tuttavia, non sembra avere una base reale. Solo quando si ritiene erroneamente che l'Advaita sia un sistema filosofico, può sembrare che gli insegnamenti di Ramana non rientrino nell'Advaita. Per comprendere la verità insegnata da Sankara e Ramana, è indispensabile ricordare che l'Advaita non è una dottrina settaria.

L'Advaita, come abbiamo già detto, è il culmine di tutte le sètte religiose e di tutte le scuole religiose. E' il fine comune di tutto l'impegno filosofico e di tutta la pratica religiosa. I sistemi pluralistici sono opposti l'uno all'altro; e sono condizionati dalla concezione erronea che l'Advaita si opponga ad essi. Ma l'Advaita non ha motivi di dissidio con le scuole del pluralismo, perché il suo principio fondamentale è non avere dissidi.

La visione di Gaudapada può essere qui ricordata come supremamente coerente. Il grande Maestro osservava che i dualisti, i quali si aggrappano ostinatamente ai rispettivi punti di vista, si contraddicono l'uno con l'altro, mentre l'advaitin non è in conflitto con nessuno di loro. Poiché la [non] dualità è la verità suprema, la dualità deve essere considerata una sua variante; i dualisti vedono la dualità tanto nell'Assoluto quanto nei fenomeni relativi; ma la non dualità non è in conflitto con la posizione dualistica. Commentando l'insegnamento di Gaudapada, Sankara dice che non vi è conflitto tra Advaita e Dvaita (Dualismo) come non può esservi lotta tra un organismo come totalità e le sue parti. L'Advaita, insomma, rappresenta la verità più alta, libera da ogni disputa (avivada). Ciò che è vero per i sistemi filosofici in relazione all'Advaita è vero per i culti religiosi.

Dice Svami Vivekananda: "Una caratteristica dell'Advaita è che fin dall'inizio è non distruttiva. Questa è un'altra gloria, il coraggio di predicare: 'Non turbate la fede, neppure di coloro che per ignoranza si sono attaccati a forme inferiori di culto'. Questo è ciò che dice: non turbate, ma aiutate ognuno a salire sempre più in alto... Questa idea non si trova chiaramente in nessun sistema religioso. Sono tutte parti che lottano egualmente per raggiungere l'intero. L'esistenza della parte ha questo solo scopo. Quindi, fin dall'inizio, l'Advaita non è in antagonismo con le varie sètte esistenti in India".

E' interessante notare a questo proposito che la tradizione relativa alla vita di Sankara è unanime nell'affermare che il grande Acarya stabilì su fondamenta sicure le sei fedi principali che costituiscono l'hinduismo. In un'opera intitolata Jivanmuktanandalahari, Sankara precisa che chi ha realizzato la verità della non dualità va d'accordo con i seguaci delle diverse fedi con perfetta equanimità, imparzialità e comprensione.

Il critico può chiedere: "Sankara, nei suoi voluminosi scritti, non riprova le dottrine delle scuole pluralistiche e i dogmi dei culti religiosi?". La risposta è semplice. Quando Sankara pone in rilievo i difetti e le incoerenze delle varie scuole e dei vari culti, non lo fa con spirito partigiano, ma bensì con l'intento di correggerli. Come abbiamo già notato in precedenza, la partigianeria è incompatibile con l'Advaita. L'osservazione che l'advaitin non ha una sua posizione è perfettamente coerente. Egli non è interessato a costruire un sistema di pensiero; il suo interesse principale consiste nell'indicare la direzione in cui si finirà per realizzare la verità plenaria. Le scuole filosofiche e le fedi, quali che siano la loro composizione e il loro carattere, possono essere d'aiuto, se si può indurle a liberarsi, per quanto è possibile, dai loro dogmi e dai loro fanatismi. La funzione critica svolta dai maestri dell'Advaita deve essere considerata non già distruttiva, bensì come un aiuto costruttivo. Essi possono farlo perché l'Advaita non è un sistema chiuso o una serie circoscritta di credenze. Non è un "ismo"; anzi, anche l'espressione Advaita è un'approssimazione della verità, non la verità stessa.

Per illustrare il comune errore circa l'insegnamento di Sankara e l'accettazione della verità onnicomprensiva dell'Advaita da parte di Bhagavan Ramana, possiamo citare una conversazione tra un interrogante e Bhagavan. L'interrogante chiese: " 'Lo Spirito Supremo (Brahman) è Reale. Il mondo (jagat) è illusione' è la frase tipica di Sri Sankaracarya. Tuttavia altri dicono: 'Il mondo è realtà'. Qual è la verità?". Nella sua risposta, Bhagavan disse che entrambe le affermazioni sono vere ma a livelli diversi di comprensione e di esperienza: e questo è appunto l'insegnamento dell'Advaita di Sankara. La verità è che il Supremo Spirito è non duale. Come disse Sri Ramana: "Vi è solo l'Essere nella realizzazione dell'Io, e null'altro che l'Essere". Ma, egli aggiunse, il termine "realtà" è usato anche in senso diverso, e viene applicato in modo non rigoroso agli oggetti da parte di taluni pensatori. E' una concessione nei loro confronti il fatto che nell'Advaita siano riconosciuti gradi diversi della realtà: realtà apparente (pratibhasika-satya), che appartiene al contenuto dei sogni e delle illusioni; realtà empirica (vyavaharika-satya), che appartiene alle cose del mondo oggettivo nello stato di veglia; realtà assoluta (paramarthika-satya), che è l'Io non duale. Quando si è realizzata la Verità assoluta, non ha più senso parlare di gradi della verità o della realtà.

In un'altra occasione, Sri Ramana spiegò a un devoto i tre modi di affrontare il problema metafisico della creazione, come è compreso nell'Advaita. 1) Il modo più alto è l'ajati-vada, formulato da Gaudapada. Secondo questo modo, non vi è creazione, né dissoluzione, né schiavitù, né liberazione, e non vi è nessuno che lotti per liberarsi. La verità è "non nasce nulla". 2) Il secondo modo è drsti-srsti-vada, secondo il quale la creazione è simultanea alla percezione, come nei sogni. 3) Il terzo modo è srsti-drsti-vada, che sostiene che la creazione è a stadi o graduata.

La differenza tra il secondo e il terzo modo fu spiegata molto chiaramente da Sri Ramana nella Ricerca dell'Io[*]; la teoria della creazione in sequenza viene insegnata per il beneficio degli aspiranti ai gradini più bassi, che hanno appena incominciato a indagare, ma che sono ancora ossessionati dall'idea che il mondo sia reale.

Per il beneficio di coloro che sono progrediti a livelli più alti, viene presentata la concezione della creazione simultanea. Secondo questa, il mondo sorge come un sogno a causa dei pensieri dell'individuo, indotti dal torto di non riconoscersi come lo Spirito non duale (Brahman).

Per coloro che hanno acquisito la realizzazione plenaria non è un problema dover spiegare la creazione, poiché non c'è creazione. E perciò, questo punto di vista è quello dell'ajati (non nascita, non creazione). Il termine ajati è anch'esso solo un'approssimazione della verità, e non la verità stessa. Come osserva Gaudapada nella Mandukya-karika (IV, 74), ajati ha significato finché ha significato jati (nascita), ed è così nel solo mondo empirico. La verità assoluta è che nessuna parola può designare o descrivere l'Io. Lo scopo dell'espressione "ajati" è solo quello di farci comprendere che l'Io non è ciò che appare nato. Anche qui non si può non restare colpiti dalla completa identità degli insegnamenti di Bhagavan Ramana e di Acarya Gaudapada.

Possiamo riferirci a un altro dialogo, il quale dimostra che l'esperienza di Ramana è quella dell'Advaita, e che il grande saggio pervenne a questa esperienza senza alcuno studio formale dei testi dell'Advaita. La conversazione si svolse tra il famoso orientalista francese Olivier Lacombe e Sri Ramana.

O. L.: L'insegnamento del Maharshi è quello di Sankara?
Sri Ramana: L'insegnamento del Maharshi è solo un'espressione della sua esperienza e della sua realizzazione. Altri ritengono che collimi con quello di Sri Sankara.
O. L.: Infatti. Si può dire in altri modi per esprimere la stessa realizzazione?
Sri Ramana: Una persona realizzata usa il proprio linguaggio. Il miglior linguaggio è il silenzio.

Non soltanto Bhagavan Ramana aveva riconosciuto implicitamente l'identità del suo insegnamento con quello di Sankara, ma aveva affermato esplicitamente che vi era completa identità. […]


[size=85](1) Si veda l'articolo "Sankara and Ramana" di T. M. P. Mahadevan in The Mountain Path, Vol. III, n. I (Sri Ramanasramam, Tiruvannamalai, 1966), pp. 55-58.

[* Nell'articolo di T. M. P. Mahadevan "Sankara and Ramana" in The Mountain Path, citato alla nota 1, la spiegazione di Sri Ramana è detta contenuta in Vichara Sangraham (Self-Enquiry).]

Questo testo è l'ideale proseguimento del brano intitolato "La Tradizione dell'Advaita” di T. M. P. Mahadevan, presente nel sito "Vidya.org" (numero speciale) e con il titolo “Ramana Maharshi e la Tradizione Advaita”, su questo sito.

Estratto da "Ramana Maharshi. Il saggio di Arunachala", di T. M. P. Mahadevan. Edizioni Mediterranee.

A cura di Yati, tratto dal Forum Pitagorico