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La Realtà del Mondo

Teorie sulla Creazione

Sri Ramana aveva scarso interesse per l’aspetto teorico della spiritualità. Il suo principale interesse era portare le persone a una consapevolezza del Sé e, per raggiungere questo fine, sostenne sempre che la pratica era più importante della speculazione.

Scoraggiava le domande di natura teorica rimanendo silente quando venivano formulate o chiedendo all’interlocutore di trovare la sorgente dell’”io” che stava ponendo la domanda. Occasionalmente si addolciva e dava dettagliate esposizioni di vari aspetti della filosofia, ma se i suoi interlocutori insistevano troppo nei loro quesiti o se la conversazione si dirigeva verso uno sterile intellettualismo, cambiava argomento e dirigeva l’attenzione dei suoi interlocutori su questioni più pratiche.

Molte di queste conversazioni filosofiche si concentravano sulla natura e l’origine del mondo fisico, poiché Sri Ramana era noto per le sue opinioni totalmente in disaccordo con la comune opinione del mondo. Come con molti altri argomenti, egli adattava le sue affermazioni affinché si conformassero ai diversi livelli di comprensione che incontrava nei suoi interlocutori, ma anche così, quasi tutte le sue idee erano radicali confutazioni dei concetti della realtà fisica condivisi dalla maggior parte delle persone.

Sri Ramana adottò tre diversi punti di vista quando parlò della natura del mondo fisico. Egli li patrocinò tutti in momenti differenti, ma dai commenti che in genere esprimeva sull’argomento è chiaro che considerava vere o utili solo le prime due teorie qui descritte:


1. AJATA VADA (Teoria della non causalità).

Questa è un’antica dottrina indù che afferma che la creazione del mondo non avvenne mai. E’ un completo diniego di tutta la causalità del mondo fisico. Sri Ramana appoggiò quest’opinione dicendo che secondo l’esperienza del ‘jnani’ nulla viene mai in esistenza o cessa di essere perché solo il Sé esiste come la sola e immutabile realtà. Un corollario di questa storia è che il tempo, lo spazio, la causa e l’effetto, i componenti essenziali di tutte le teorie della creazione, esistono soltanto nelle menti degli ‘ajnani’ e che l’esperienza del Sé rivela la loro non esistenza.
Questa teoria non è un diniego della realtà del mondo, ma solo del processo creativo che lo portò in esistenza. Parlando della sua stessa esperienza, Sri Ramana disse che il jnani è consapevole che il mondo è reale, non come una riunione di materia ed energie interagenti, ma come un’apparizione senza motivo nel Sé. Egli sviluppò questo dicendo che siccome la natura reale o il substrato di questa apparizione è identica all’esistenza del Sé, necessariamente partecipa alla sua realtà.

Ciò significa che il mondo non è reale per il jnani semplicemente perché appare, ma solo perché la natura reale dell’apparizione è inseparabile dal Sé.
L’ajnani d’altra parte è totalmente inconsapevole della natura unitaria e della sorgente del mondo e, come conseguenza, la sua mente costruisce un mondo illusorio di oggetti separati interagenti, fraintendendo continuamente le impressioni sensoriali che riceve. Sri Ramana indicò che questa visione del mondo non ha maggiore realtà di un sogno poiché sovrappone una creazione della mente alla realtà del Sé. Egli riassunse la differenza fra il punto di vista del jnani e dell’ajnani dicendo che il mondo è irreale se viene percepito dalla mente come un insieme di oggetti distinti ed è reale quando viene sperimentato direttamente come un’apparizione del Sé.


2. DRISHTI-SRISHTI VADA

Se i suoi interlocutori trovavano impossibile da assimilare l’idea di ‘ajata’ o non causalità, egli insegnava loro che il mondo veniva in esistenza simultaneamente con l’apparizione del pensiero “io” e che cessa di esistere quando il pensiero “io” è assente. Questa teoria è nota come ‘drishti-srishti’, o creazione simultanea e in effetti afferma che il mondo che appare a un ajani è il prodotto della mente che lo percepisce e che in mancanza di quella mente cessa di esistere.

La teoria è vera quando la mente crea un mondo immaginario per se stessa, ma dal punto di vista del Sé, un “io” immaginario che crea un mondo immaginario non è affatto una creazione, così la dottrina di ajata non è sovvertita.
Sebbene Sri Ramana a volte abbia detto che drishti-srishti non era la verità ultima sulla creazione, incoraggiò i suoi seguaci ad accettarla come un’ipotesi di lavoro. Giustificò quest’approccio dicendo che se si può considerare il mondo coerentemente come una creazione irreale della mente, allora esso perde la sua attrazione e diventa più facile mantenere senza distrazioni la consapevolezza del pensiero “io”.


3. SRISHTI-DRISHTI VADA (Creazione graduale).

Questa è l’opinione del senso comune che afferma che il mondo è una realtà oggettiva governata dalle leggi di causa ed effetto che possono essere fatte risalire a un singolo atto di creazione. Essa include virtualmente tutte le idee occidentali sull’argomento, dalla teoria del “big bang” al resoconto biblico della Genesi. Sri Ramana si appellò a teorie di questa natura solo quando stava parlando con interlocutori che erano restii ad accettare le implicazioni delle teorie ‘ajata’ e ‘drishti-srishti’. Anche allora, solitamente indicava che tali teorie non dovrebbero essere prese troppo seriamente poiché erano promulgate solo per soddisfare la curiosità intellettuale.

Letteralmente, ‘drishti-srishti’ significa che il mondo esiste solo quando è percepito, mentre ‘srishti-drishti’ significa che il mondo esisteva prima della percezione di chiunque. Sebbene la prima teoria sembri viziosa, Sri Ramana sostenne che i veri ricercatori dovevano esserne soddisfatti, sia perché è un’approssimazione vicina alla verità, sia perché è l’attitudine più benefica da adottare se si è seriamente interessati a realizzare il Sé.


D: Com’è avvenuta ‘srishti’ (creazione)? Qualcuno dice che è predestinata. Altri dicono che è il ‘lila’ o gioco del Signore. Qual è la verità?

R: Nei libri vengono forniti vari resoconti. Ma c’è una creazione? Solo se c’è la creazione dobbiamo spiegare com’è avvenuta. Possiamo non conoscere tutte queste teorie, ma certamente sappiamo che esistiamo. Perché non conoscere l’”io” e quindi vedere se c’è una creazione?

D: Nel Vedanta di Sri Shankaracharya, il principio della creazione del mondo è stato accettato per amore dei principianti, ma per il progredito viene esposto il principio della non creazione. Qual è la tua opinione su quest’argomento?

R: “Non c’è dissoluzione o creazione, nessuno è in schiavitù, né qualcuno sta perseguendo delle pratiche spirituali. Non c’è chi desidera la liberazione, né alcun liberato. Questa è l’assoluta verità”. Questo ‘sloka’ appare nel secondo capitolo del ‘karika’ di Gaudapada. Chi è stabilito nel Sé vede questo per mezzo della sua conoscenza della realtà.

D: Il Sé non è forse la causa di questo mondo che vediamo attorno a noi?

R: Lo stesso Sé appare come il mondo di nomi e forme diverse. Comunque, il Sé non agisce come una causa efficiente (‘nimitta karana’), creandolo, sostenendolo e distruggendolo. Non chiedere: “Perché sorge la confusione del Sé, non conoscendo che in verità esso stesso appare come mondo?”. Se invece indaghi: “Chi sperimenta questa confusione?”, si scoprirà che nessuna simile confusione è mai esistita per il Sé.

D: Mi sembri un esponente della dottrina ‘ajata’ dell’Advaita Vedanta.

R: Non insegno solo la dottrina ‘ajata’. Io approvo tutte le scuole. La stessa verità dev’essere espressa in modi differenti per adattarsi alla capacità di colui che l’ascolta.
La dottrina ‘ajata’ dice: “Nulla esiste eccetto l’unica realtà. Non c’è nascita né morte. Né proiezione né ritiro. Né cercatore, né schiavitù, né liberazione. Esiste solo l’unica unità”.
Per coloro che trovano difficile afferrare questa verità e chiedono: “Come possiamo ignorare questo mondo solido che vediamo tutto attorno a noi?”, viene indicata l’esperienza del sogno e viene detto loro: “Tutto ciò che vedi dipende da “colui che vede”. Non c’è un oggetto visto separato da colui che vede”. Questa è chiamata la ‘drishti-srishti vada’ o l’argomento secondo il quale uno prima crea dalla propria mente e quindi vede ciò che la mente stessa ha creato.

Alcune persone non possono afferrare nemmeno questo e continuano ad arguire nei seguenti termini: “L’esperienza del sogno è così breve, mentre il mondo esiste sempre. L’esperienza del sogno era limitata a me. Però il mondo è visto e percepito non soltanto da me, ma da così molti altri. Non possiamo chiamare un tale mondo non esistente”.
Quando le persone arguiscono in questo modo, a esse può essere data una teoria ‘srishti-drishti’, per esempio: “Dio innanzitutto creò quella tal cosa, da quel tale elemento, e quindi qualcos’altro fu creato, e così via”. Questo tipo di persone verrà soddisfatto solo da ciò. Le loro menti altrimenti non saranno appagate e si chiederanno: “Come possono essere completamente false tutta la geografia, tutte le mappe, tutte le scienze, le stelle, i pianeti e le regole che vi presiedono, o che sono in relazione a questi, e tutta la conoscenza?”. A questi è meglio dire: “Sì, Dio creò tutto questo e così tu lo vedi”.

D: Ma tutto ciò non può essere vero. Può essere vera soltanto una dottrina.

R: Tutte le teorie servono solo ad adattarsi alla capacità di colui che apprende. L’assoluto può essere soltanto uno.
Il Vedanta afferma che il cosmo sorge alla vista simultaneamente a “colui che vede” e che non c’è un dettagliato processo di creazione. Questo è chiamato ‘yugapat-srishti’ (creazione istantanea). E’ del tutto simile alle creazioni del sogno dove lo sperimentatore sorge simultaneamente agli oggetti di esperienza.
Quando viene detto questo, alcune persone non sono soddisfatte perché sono profondamente radicate nella conoscenza oggettiva. Cercano di scoprire come possa esserci una creazione improvvisa. Arguiscono che un effetto deve essere preceduto da una causa. In breve, essi desiderano una spiegazione per l’esistenza del mondo che vedono attorno a loro. Allora le ‘sruti’ (scritture) cercano di soddisfare la loro curiosità con le teorie della creazione. Questo metodo di trattare il soggetto della creazione viene chiamato ‘krama-srishti’ (creazione graduale).
Ma il vero cercatore può essere appagato da ‘yugapat-srishti’, la creazione istantanea.

D: Qual è lo scopo della creazione?

R: E’ di far sorgere questa domanda. Indaga la risposta a questa domanda e alla fine dimora nel supremo o piuttosto nella sorgente primordiale di tutto, il Sé. L’investigare si risolverà in una ricerca del Sé e cesserà solo dopo che il non Sé verrà separato e si realizzerà il Sé nella sua purezza e gloria.
Possono esserci innumerevoli teorie della creazione. Tutte si estendono all’esterno. Non ci sarà limite a esse perché il tempo e lo spazio sono illimitati. Esse sono comunque soltanto nella mente. Se vedi la mente, il tempo e lo spazio vengono trascesi e il Sé viene realizzato.
La creazione è spiegata scientificamente o logicamente per la propria soddisfazione. Ma c’è qualche finalità in questo?
Tali spiegazioni vengono chiamate ‘krama-srishti’ (creazione graduale). D’altra parte, ‘drishti-srishti’ (creazione simultanea) è ‘yugapat-srishti’. Senza colui che vede non ci sono oggetti da vedere. Scopri “colui che vede” e la creazione è compresa in lui. Perché guardare all’esterno e continuare a spiegare fenomeni che sono senza fine?

D: I Veda contengono resoconti contraddittori sulla descrizione della cosmogonia. In un punto si dice che la prima creazione è l’etere; in un altro l’energia vitale (prana); qualcos’altro in un altro ancora; l’acqua in un altro ancora, e così via. Come si possono riconciliare questi? Non danneggiano la credibilità dei Veda?

R: Differenti veggenti videro differenti aspetti della verità in momenti differenti, enfatizzando ciascuno la propria visione. Perché ti preoccupi delle loro affermazioni contraddittorie? Lo scopo essenziale dei Veda è insegnare la natura dell’atman imperituro e mostrarci che siamo quello.

D: Sono soddisfatto di quella parte.

R: Allora tratta tutto il resto come ‘artha vada’ (argomenti ausiliari) o esposizioni a beneficio dell’ignorante che cerca di rintracciare la genesi delle cose.

D: Faccio parte della creazione e così rimango dipendente. Non posso risolvere l’enigma della creazione finché non divento indipendente. Tuttavia chiedo a Sri Bhagavan: non può egli rispondere alla domanda per me?

R: Sì. E’ Bhagavan che dice”Diventa indipendente e risolvi l’enigma tu stesso. Sta a te farlo”. Inoltre, dove sei nel momento in cui poni questa domanda? Sei nel mondo, o il mondo è all’interno di te? Devi ammettere che il mondo non è percepito nel sonno, sebbene tu non possa negare la tua esistenza allora. Il mondo appare quando ti risvegli. Così, dov’è?
Chiaramente il mondo è il tuo pensiero. I pensieri sono tue proiezioni. Innanzitutto viene creato l’”io” e quindi il mondo. Il mondo è creato dall’”io” che a sua volta sorge dal Sé. L’enigma della creazione del mondo è così risolto se risolvi la creazione dell’”io”. Così io dico, scopri il tuo Sé.
Ancora, il mondo viene forse a chiederti: “Perché esisto? Come fui creato?”. Sei tu che poni la domanda. Colui che interroga deve stabilire la relazione tra il mondo e se stesso. Deve ammettere che il mondo è la sua propria immaginazione. Chi lo immagina? Che egli ancora scopra l’”io” e quindi il Sé.
Inoltre, tutte le spiegazioni scientifiche e teologiche non si armonizzano. Le diversità in tali teorie mostrano chiaramente l’inutilità di cercare tali spiegazioni.
Queste spiegazioni sono puramente mentali o intellettuali e nulla di più. Tuttavia, tutte sono vere secondo il punto di vista dell’individuo. Non c’è creazione nello stato di realizzazione. Quando si vede il mondo, non si vede se stessi. Quando si vede il Sé, il mondo non è visto. Così, vedi il Sé e realizza che non c’è stata creazione.

D: “Brahman è reale. Il mondo (‘jagat’) è illusione” è la frase base di Sri Shankaracharya. Tuttavia altri dicono: “Il mondo è realtà”. Chi ha ragione?

R: Entrambe le affermazioni sono vere. Si riferiscono a stadi di sviluppo differenti e sono enunciate da punti di vista differenti. L’aspirante (‘abhyasi’) comincia con la definizione che quello che è reale esiste sempre. Quindi elimina il mondo come irreale perché è mutevole. Il cercatore alla fine raggiunge il Sé e là scopre l’unità come nota prevalente. Allora, quello che originariamente era stato rifiutato come irreale si scopre che è parte dell’unità. Essendo assorbito nella realtà, anche il mondo è reale. Nella realizzazione del Sé c’è soltanto essere e null’altro che essere.

D: Sri Bhagavan dice spesso che ‘maya' (illusione) e la realtà sono la stessa cosa. Come può essere?

R: Shankara fu criticato per le sue opinioni su ‘maya’ senza essere compreso. Egli disse che:
1) Brahman è reale,
2) l’universo è irreale,
3) l’universo è Brahman.
Non si fermò al secondo, perché il terzo spiega gli altri due. Ciò significa che l’universo è reale se è percepito come il Sé, ed è irreale se viene percepito come separato dal Sé. Perciò maya e la realtà sono la stessa cosa.

D: Così il mondo non è realmente illusorio?

R: Al livello del cercatore spirituale si deve dire che il mondo è un’illusione. Non c’è altro modo. Quando un uomo dimentica di essere Brahman, di essere reale, permanente e onnipresente e si illude pensando di essere un corpo nell’universo riempito di corpi transitori e si affanna sotto quell’illusione, gli deve essere ricordato che il mondo è irreale e che è un’illusione.
Perché? Perché la sua visione, dimentica del suo stesso Sé, sta dimorando sull’universo esterno, materiale. Non si volgerà all’interno nell’introspezione a meno che non gli venga impresso che tutto questo universo esterno, materiale è irreale.
Una volta che egli realizza il suo stesso Sé, conoscerà che non c’è null’altro se non il suo Sé e verrà a considerare l’intero universo come Brahman. Non c’è universo senza il Sé. Finché un uomo non vede il Sé che è l’origine di tutto, ma considera il mondo esterno come realtà permanente, gli si dovrà dire che tutto questo universo esterno è un’illusione. Non si può farne a meno.
Prendi un giornale. Vediamo solo il testo, e nessuno nota la carta su cui è scritto. La carta è presente, sia che il testo su di esso ci sia o meno. A coloro che considerano il testo come reale, devi dire che è irreale, un’illusione, poiché è “scritto” sulla carta. Il saggio considera la carta e il testo come uno; come pure per quanto concerne Brahman e l’universo.

D: Così il mondo è reale quando è sperimentato come il Sé e irreale quando è visto come nomi e forme separate?

R: Proprio come il fuoco è oscurato dal fumo, la luce splendente della coscienza è oscurata dall’insieme di nomi e forme, il mondo. Quando per mezzo della compassionevole grazia divina la mente diventa chiara, la natura del mondo verrà conosciuta essere non le forme illusorie, ma soltanto la realtà.
Solo quelle persone la cui mente è priva del malvagio potere di maya, avendo abbandonato la conoscenza del mondo ed essendo distaccata da essa, avendo perciò conseguito la conoscenza della realtà suprema autorisplendente, possono conoscere correttamente il significato dell’affermazione “Il mondo è reale”. Se il proprio modo di vedere è stato trasformato nella natura della conoscenza reale, il mondo dei 5 elementi, a partire dall’etere, sarà reale, essendo la suprema realtà che è la natura della conoscenza.
Lo stato originale di questo vuoto mondo, che è sbalorditivo e affollato da molti nomi e forme, è beatitudine, che è una, proprio come il tuorlo dell’uovo di un pavone dai molti colori è solo uno. Conosci questa verità dimorando nello stato del Sé.

D: Non posso dire che mi sia tutto chiaro. Il mondo che è visto, percepito e sentito da noi in così molti modi è qualcosa come un sogno, un’illusione?

R: Non c’è alternativa per te se non accettare il mondo come irreale se stai cercando la verità e la verità soltanto.

D: Perché?

R: Per la semplice ragione che finché non abbandoni l’idea che il mondo sia reale, la tua mente lo seguirà sempre. Se consideri reale l’apparizione non conoscerai mai il reale stesso, anche se quello che esiste è soltanto il reale. Questo punto viene illustrato dall’analogia del serpente e della corda. Puoi essere ingannato nel credere che un pezzo di corda sia un serpente. Mentre immagini che la corda sia un serpente, non puoi vedere la corda come corda. Il serpente non esistente diventa reale per te, mentre la corda reale sembra totalmente inesistente come tale.

D: E’ facile accettare sperimentalmente che il mondo in ultima analisi non è reale, ma è difficile avere la convinzione che sia veramente irreale.

R: Anche il tuo mondo di sogno è reale mentre stai sognando. Finché il tuo sogno dura, ogni cosa che vi senti e vedi è reale.

D: Allora il mondo non è migliore di un sogno?

R: Cosa c’è di errato nel senso di realtà che hai mentre stai sognando? Puoi sognare qualcosa del tutto impossibile, per esempio di avere una bella conversazione con una persona morta. Giusto per un momento puoi dubitare nel sogno dicendo a te stesso: “Non era morto?”. Ma in qualche modo la tua mente si riconcilia con la visione del sogno e la persona è come se fosse viva al fine del sogno. In altre parole, il sogno come sogno non ti permette di dubitare della sua realtà.
E’ lo stesso nello stato di veglia, poiché sei incapace di dubitare la realtà del mondo che vedi mentre sei sveglio. Come può la mente che ha creato il mondo accettarlo come irreale? Questo è il significato del paragone fatto tra il mondo dello stato di veglia e il mondo del sogno. Entrambi sono creazioni della mente e finché la mente è assorbita in uno di questi, si troverà incapace di negarne la realtà. Non può negare la realtà del mondo del sogno mentre sta sognando e non può negare la realtà del mondo della veglia quando è sveglia. Se al contrario, ritiri completamente la tua mente dal mondo e la volgi all’interno, dimorandovi, cioè se ti trovi sempre conscio del Sé, che è il substrato di tutte le esperienze, scoprirai che il mondo di cui sei ora consapevole è irreale, come il mondo in cui vivevi nel tuo sogno.

D: Noi vediamo, sentiamo e percepiamo il mondo in così tanti modi. Queste sensazioni sono le reazioni agli oggetti visti e percepiti. Non sono creazioni mentali come nei sogni che differiscono non solo da persona a persona, ma anche in riferimento alla stessa persona. Non è questo sufficiente a provare la realtà oggettiva del mondo?

R: La coscienza è sempre coscienza del Sé. Se sei conscio di qualcosa, sei essenzialmente conscio di te stesso. Esistenza non conscia di se stessa è una contraddizione di termini. Non è affatto esistenza. E’ semplicemente esistenza attribuita, laddove la vera esistenza, il ‘sat’, non è un attributo, è la sostanza stessa. E’ il ‘vastu’ (realtà). La realtà è perciò conosciuta come ‘sat-cit’, essere-coscienza, e mai solamente uno a esclusione dell’altro. Il mondo non esiste da se stesso, né è conscio della sua esistenza. Come puoi dire che un tale mondo sia reale? E qual è la natura del mondo? E’ cambiamento perpetuo, un continuo, interminabile flusso. Un mondo dipendente, non conscio di se stesso, sempre mutevole, non può essere reale.

D: I nomi e le forme del mondo sono reali?

R: Non li troverai separati dal substrato (adhishtana). Quando cerchi di arrivare a nome e forma, scopri soltanto la realtà. Perciò consegui la conoscenza di ciò che è reale in ogni tempo.

D: Perché lo stato di veglia sembra così reale?

R: Vediamo molte cose sullo schermo del cinema, ma non sono reali. Là nulla è reale eccetto lo schermo. Allo stesso modo, nello stato di veglia non c’è null’altro se non ‘adhishtana’ conoscenza del conoscitore del mondo (‘jagat-prama’ è il ‘prama’ di ‘jagat-pramata’). Entrambi scompaiono nel sonno.

D: Perché vediamo permanenza e costanza nel mondo?

R: E’ vista a causa di idee errate. Quando qualcuno dice che ha fatto il bagno due volte nello stesso fiume è in errore, perché quando si bagnò la seconda volta il fiume non era lo stesso di quando si bagnò la prima. Guardando due volte lo splendore di una fiamma un uomo dice che vede la stessa fiamma, ma quella fiamma sta cambiando in ogni momento. Così è lo stato di veglia. L’apparenza stabile è un errore di percezione.

D: Dov’è l’errore?

R: ‘Pramata’ (il conoscitore).

D: Come venne il conoscitore?
R: A causa dell’errore di percezione.
Infatti il conoscitore e le sue errate percezioni appaiono simultaneamente e quando viene ottenuta la conoscenza del Sé, scompaiono simultaneamente.

D: Da dove sono venuti il conoscitore e tutte le sue errate concezioni?
R: Chi sta ponendo la domanda?

D: Io.

R: Scopri quell’”io” e tutti i tuoi dubbi saranno risolti. Proprio come in un sogno sorgono la falsa conoscenza, un falso conoscitore e un falso conosciuto, nello stato di veglia opera lo stesso processo. In entrambi gli stati, nel conoscere questo “io” si conosce ogni cosa e non resta più niente da conoscere. Nel sonno profondo il conoscitore, la conoscenza e il conosciuto sono assenti. Allo stesso modo, al momento di sperimentare l’”io” reale essi non esisteranno. Qualunque cosa vedi accadere nello stato di veglia accade soltanto al conoscitore e poiché il conoscitore è irreale, in effetti non accade mai nulla.

D: La luce che dà l’identità al senso dell’”io” e dà la conoscenza del mondo, è ignoranza o cit, coscienza?

R: E’ soltanto la luce riflessa di cit che fa credere all’”io” di essere diverso dagli altri. Questa luce riflessa di cit fa anche creare all’”io” degli oggetti, ma affinché ci sia questo riflesso dev’esserci una superficie su cui il riflesso possa avvenire.

D: Cos’è quella superficie?

R: Realizzando il Sé scoprirai che il riflesso e la superficie su cui avviene in realtà non esistono, ma entrambi sono l’unico e il medesimo ‘cit’. c’è il mondo che richiede una collocazione per la sua esistenza e luce per renderla percepibile. Entrambi sorgono simultaneamente. Perciò l’esistenza fisica e la percezione dipendono dalla luce della mente che viene riflessa dal Sé.
Come le immagini al cinema possono essere visibili da una luce riflessa, e soltanto nell’oscurità, così anche le immagini del mondo sono percepibili soltanto grazie alla luce del Sé riflessa nell’oscurità di ‘avidya’ (ignoranza). Il mondo non può essere visto né nella totale oscurità dell’ignoranza, come nel sonno profondo, né nella suprema luce del Sé, come nella realizzazione o ‘samadhi’.

Tratto da: “Sii ciò che sei” - ‘Ramana Maharsi e il suo insegnamento’, a cura di David Godman, Ed. ‘Il Punto d’Incontro’.