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Mentale I

Ramana Maharshi 

D. Ma che cosa è il mentale?

R. Il mentale è una delle forme sotto cui la vita si manifesta. Un pezzo di legno o una macchina complicata non sono chiamati “mentale”. La forza vitale si manifesta non solo sotto forma di attività vitale ma anche sotto forma di quel fenomeno di coscienza che si denomina mentale.

D. Qual è la relazione fra il mentale e l’oggetto? Il mentale entra in contatto con qualcosa di distinto, vale a dire il mondo?

R. Il mondo viene “sofferto” negli stati di sogno e di veglia dalle facoltà dei sensi, oppure è l’oggetto di una percezione o di un pensiero. In entrambi i casi si tratta di attività mentali. Se la duplice attività mentale, del sogno e della veglia, non esistesse, non si percepirebbe un “mondo” e non si con­cluderebbe che esso esiste.

Nel sonno senza sogni questa attività non esiste e neppure esistono gli oggetti e il mondo. Dunque la “realtà del mondo” può essere creata dall’ego nel momento in cui emerge dal sonno. E questa realtà può essere assorbita dall’anima e sparire allorché l’anima riprende la sua natura nel sonno senza sogni. L’apparizione e la sparizione del mondo sono paragonabili al ragno che tesse la sua tela e poi la riassorbe. In questo esempio, il ragno è soggiacente ai tre stati di veglia, sogno e sonno senza sogno. Questo ragno che è nell’uomo si chiama il Sé (Atman), mentre questo stesso ragno in rapporto col mondo (considerato come uscito dal Sole) si chiama Brahman. “Colui che è nell’uomo è lo stesso che è nel Sole.” Poiché l’Atman o Brahman è non manifestato e senza attività non c’è dualità, e, per esempio, non c’è soggetto né oggetto (drik e drishya). Se si prosegue la ricerca fino alla causa ultima della manifestazione del mentale, ci si renderà conto che il mentale non è altro che la manifestazione della realtà che si chiama Atman o Brahman. Il mentale si chiama sukshma-sharira, ovvero il corpo sottile dei pensieri. Il jiva è l’anima individuale; è l’essenza che permette la crescita dell’individualità. Si chiama ancora personalità. Il pensiero, il mentale, ne è una fase; è una delle sue forme di manifestazione; una delle fasi anteriori alla fase mentale è la vita vegetativa. Questo mentale appare sempre come se fosse in rapporto con qualcosa che è non mentale o materia; non appare mai da solo. Di conseguenza, il mentale e la materia coesistono. [22.28-29]

D. Dove si può situare il luogo della memoria e dell’oblio?

R. Nel mentale (chitta). [16]

[Grant Duff] D. Quale relazione d’ordine materiale può esserci fra la memoria e la volontà e qual è il loro rapporto col mentale?

R. La memoria e la volontà non sono che funzioni del mentale. Il mentale è il prodotto dell’ego. L’ego ha la sua sorgente nel Sé. [78.86]

[Un americano] D. Nell’opera “Chi sono io?” avete scritto che il Cuore è la sede del mentale. È esatto?

R. Il mentale è l’atman.

D. È l’atman stesso o una sua proiezione?

R. È Lo stesso.

D. Gli Occidentali considerano il mentale come il principio più alto, mentre gli Orientali credono il contrario, Perché?

R. Là dove la psicologia finisce comincia la filosofia. È un fatto di esperienza; il mentale nasce: noi lo vediamo. Anche senza il mentale noi possiamo continuare a vivere. Lo prova l’esperienza di ognuno di noi.

D. Ma quando dormo sembra che io non esista?

R. È ciò che dite quando siete sveglio. È allora che il vostro mentale com­incia a parlare. Ma voi esistete, durante il sonno, al di là del mentale...

D. La distanza esercita un’influenza sulla Grazia?

R. Il tempo e lo spazio sono in noi. Voi siete sempre nel vostro Sé. Come potrebbero intaccarlo il tempo e lo spazio?

D. Con la radio quelli che sono più vicini sentono prima. Voi siete indù, noi siamo americani. Ciò comporta una differenza?

R. No.

D. Capita anche che i nostri pensieri siano letti da un altro.

R. Ciò prova che tutti sono uno. [102.106-7]

D. Come si può capire la natura del mentale, cioè la sua origine primaria, o il noumeno di cui è una manifestazione?

R. Se classifichiamo i pensieri in ordine al valore, il pensiero più im­portante di tutti è il pensiero “Io”. Questo pensiero o idea di personalità è anche la radice, il tronco di tutti gli altri pensieri. In effetti, ogni idea o pensiero non esiste se non in rapporto a chi la pensa; non può esistere indipendentemente dall’ego. Di conseguenza, l’ego manifesta una at­tività di pensiero. La seconda e la terza persona non appaiono se non per la prima persona. Esse non esistono se non dopo che è apparsa la prima persona. Anche se tutte e tre sembrano sorgere insieme e sparire insieme. Risaliamo dunque fino alla causa originale dell’ “Io” o dell’individualità. Il pensiero “Io” sorge in un ego incarnato, e deve dunque essere in rapporto con un corpo o organismo. Questa idea “Io” è situata in un sito speciale del corpo? Intrattiene rapporti particolari con certe parti dell’organismo, come la parola che ha il suo centro nel cervello? Il pensiero “Io” è dunque centrato nel cervello, nel sangue o in certi visceri? Si è soliti pensare che la vita del pensiero si svolga nel cervello e nel midollo spinale. Questi sono a loro volta alimentati dal sangue che apporta loro il nutrimento e l’ossigeno sotto forma di sapiente mistura che si trasforma in cellule ner­vose. È per questo che si dà per certo che la vita vegetativa - comprendente la circolazione, la respirazione, l’alimentazione, ecc. - che si chiama anche forza vitale, costituisca l’essenza, il cuore dell’organismo. È sempre per questo che si può considerare il mentale come la manifestazione di questa forza vitale e questa la si situa nel cuore. [23]

R. L’essenza del “mentale” non è altro che presa di coscienza o co­scienza. Quando l’ego predomina, il mentale funziona come facoltà di ragionare, di pensare o di sentire. Il mentale cosmico che non è limitato dall’ego, non ha alcun elemento che sia separato da lui, ed è dunque unicamente cosciente. È ciò che vuol dire la Bibbia con “Io sono colui che sono”. Il mentale, dominato dall’ego, perde le sue forze e non può resistere ai pensieri che lo torturano. Sbarazzatosi dall’ego, il mentale è felice nel sonno profondo, senza sogni. È quindi chiaro che la Felicità e la sofferenza non sono che modalità mentali, ma non è facile rimpiaz­zare la modalità debole con quella forte. In effetti, l’attività è causa di debolezza, e perciò rende infelici, mentre l’inattività è fonte di forza e procura quindi la felicità. La forza latente non è apparente, e dunque non viene utilizzata. Il mentale cosmico, che si manifesta in rari individui, è capace di realizzare in altri la congiunzione fra il mentale (debole) in­dividuale e il mentale (forte) universale delle profondità. Un essere così raro è denominato guru o Dio manifestato. [162.144-45]

[B.C. Das] D. Perché il mentale non può essere introvertito nonostante numerosi e ripetuti tentativi?

R. Ci si arriva a forza di pratica e di assenza di passione. Il successo non può arrivare che gradualmente. Il mentale è stato a lungo abitu­ato, come uno zebù, a pascolare surrettiziamente nelle altrui praterie, e difficilmente si giunge a custodirlo nella sua stalla. Si ha ben voglia di offrirgli le erbe più saporite, i foraggi più fini: la prima volta li rifiuterà ostinanatamente. Poi comincerà a mangiarne un po’. Ma le sue tendenze al vagabondaggio lo riprenderanno e scapperà di nuovo. Ma a forza di essere tentato dal suo proprietario, lo zebù finisce per abituarsi alla sua stalla. E finalmente, anche se non lo si lega, non scapperà più. Lo stesso accade col mentale. Quando questi avrà scoperto la sua propria felicità non se ne andrà più altrove. [185.168]

D. Che cos’è il mentale?

R. Vedete voi stesso in cosa consiste.

D. È sankalpa vikalpatmaka?

R. L’attività concentrata (sankalpa) di chi?

D. La concentrazione dell’attenzione (sankalpa) non è la natura stessa del mentale?

R. La concentrazione su che cosa?

D. Sugli oggetti del mondo esteriore.

R. Bene. È questa la vostra natura?

D. È quella del mio mentale.

R. Qual è allora la vostra vera natura?

D. Shudda chaitanya (La pura Coscienza assoluta)

R. Se è così perché vi preoccupate di sankalpa e di altri concetti?

D. Perché tutti ammettono che il mentale è chanchala e asthira (ingan­natore e cangiante).

R. Si dice anche che il mentale deve essere introvertito e immerso nel Sé, una disciplina intellettuale che esige del tempo, perché non può essere perseguita che lentamente e deve essere condotta fino al termine, vale a dire fino all’immersione nel Sé.

D. Vorrei ricevere la Grazia (prasad) per riuscire in questa via.

R. La Grazia è sempre con voi. Tutto quello che vi si chiede è di non con­fondervi con il vostro mentale estrovertito (il mondo esteriore) ma di restare tranquillamente al centro di voi stesso, il Sé. Ecco la Grazia. [334.324-25]

D. Qual è la differenza fra il mentale formale (svarupa) e il mentale informale (arupa)?

R. Quando uscite dal sonno sorge una luce. È la Luce del Sé che passa attraverso il mahat-tattva, la coscienza cosmica. Essa è informale (arupa). Si riflette sull’ego e da esso si irradia suscitando il corpo e il mondo. Il mentale che li riflette entrambi è formale (svarupa). Gli oggetti appaiono nella luce di questa coscienza-riflesso. Questa luce è chiamata jyoti. [501.472]

- Segue -

Quaderno n° 45  2 Novembre 2007 – Vidya Bharata

Traduzione da Talks (Ed. francese)