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Bhakti

Ramana Maharshi

[Un sadhu:] D. La via della bhakti consiste nel dimenticare il corpo fisico, ecc.?

R. Perché vi preoccupate del corpo? Praticate la vostra bhakti e non curatevi di sapere cosa accadrà al vostro corpo. [122]

D. Qual è l’efficacia della via devozionale (bhakti)?

R. Finché esisterà vibhakti, sarà necessario ricorrere a bhakti. Finché durerà viyoga, occorrerà perseguire lo yoga. Finché durerà la dualità, ci sarà Dio e il suo adoratore. Finché durerà il vichara, ci sarà ugualmente dualità.

Sarà solo quando ci si sarà fusi nella Sorgente che non resterà altro che l’unità. Lo stesso è per la bhakti. Quando il Dio della preghiera è realizzato, non c’è che l’unità. Perché Dio è anche pensato nel Sé e dal Sé. Dio è dunque identico al Sé.

Se qualcuno riceve il consiglio di praticare la bhakti per Dio e vi si consacra costantemente, è una buona cosa. Ma esiste un’altra categoria di uomini, che replica: “Noi siamo due; Dio ed io. Prima di cercare di conoscere un Dio lontano, voglio prima conoscere l’Io che mi è più immediato ed intimo.” A queste persone occorre insegnare il vichara-marga. In effetti, non c’è differenza fra la bhakti e il vichara. [128]

D. Qual è il rapporto esistente fra la bhakti e il jnana?

R. Lo stato naturale, senza rotture né arresto, è il jnana. Non implica forse l’amore per il Sé? Non è dunque la bhakti? [336]

D. Per coloro che credono in Dio tutto va bene. Ma altri si chiedono se Egli esiste veramente

R. Ma voi esistete? Siete qui?

D. Certo che esisto. Ecco precisamente la questione. In questo momento vedo sfilare un battaglione di cipays (truppe indigene) davanti ai miei occhi, di conseguenza io sono. Dio Creatore ha sotto gli occhi lo spettacolo della creazione universale. Dunque deve esistere, anche Lui. Ma come posso arrivare io a vederLo?

R. Vedete prima di tutto voi stesso, vale a dire colui che vede tutte le cose, e il vostro problema sarà risolto.

D. Ciò consiste nel restare in silenzio, leggere dei testi sacri o ancora praticare la concentrazione? La bhakti facilita la concentrazione. Le persone cadono ai piedi dei santi (bhakta). Se non provano niente rimangono deluse e il loro fervore si affievolisce.

R. L’aspirazione alla felicità non si affievolisce mai. E’ questa la bhakti.

D. Come potrei provarla più rapidamente? Supponiamo che un giorno mi concentri per due ore; se il giorno successivo provo ad aumentare la durata della mia meditazione, mi addormento di noia e di spossatezza.

R. Tuttavia, quando dormite, non vi affaticate. E’ la stessa persona che è presente qui. Perché sareste stanco adesso? Non siete voi, è il vostro mentale che si stanca, perché è agitato da una moltitudine di pensieri e di emozioni e vaga in tutte le direzioni.

D. Non sono che un semplice commerciante. Come posso conciliare le mie attività professionali e la pace dello spirito?

R. Queste considerazioni non sono che pensieri. Lasciateli cadere e rimanete il vostro vero Sé.

D. Non si dice “Fate il vostro dovere senza preoccuparvi del risultato”? Come ottenere questa forma mentis?

R. Voi non avete alcun bisogno di preoccuparvi di raggiungere o di ottenere un nuovo stato di coscienza. Basta che vi sbarazziate di ogni pensiero, è tutto.

D. Che devo fare per ottenere la bhakti, il fervore sufficiente per sbarazzarmi di tutti i miei pensieri?

R. Ma è adorazione (bhakti) lo sbarazzarsi dei pensieri che non possono che essere estranei a voi stesso, vale a dire al vostro Sé.

D. Che cos’è la forza di volontà, il magnetismo, ecc.? Un tempo, a Parigi, viveva un certo dottor Coué. Pare fosse un illetterato, ma poteva lo stesso guarire molte malattie incurabili con la sola forza della sua volontà. Era solito dire: “Cercate di produrre la forza di guarirvi. Questa forza è in voi.”

R. Ma è la stessa forza di volontà che ha dato origine al corpo fisico, sede di tutte le malattie.

D. E’ così, si dice, che i pensieri riescono a manifestarsi sotto forma di oggetti.

R. E che il pensiero di liberazione (mukti) deve esistere se si vuole che in seguito questo pensiero si realizzi.

D. Dio pertanto dovrebbe aiutarci a sbarazzarci di tutti i nostri altri pensieri.

R. Si tratta pur sempre di un pensiero. Lasciate quindi a chi si è incarnato l’onere di porre questa domanda. Voi non siete il corpo, dato che siete libero da ogni pensiero.

D. L’atman è senza forma. Come posso concentrarmi su qualcosa che non ha forma?

R. Non vi occupate dell’atman che presso di voi è senza forma e intangibile. Il vostro mentale vi è tangibile. Ebbene, attaccatevi a lui e ciò basterà.

D. Lo stesso mentale è molto sottile. In fondo è la stessa cosa che l’atman. Come arriveremo a conoscere la sua natura? Avete detto che ogni supporto del pensiero è inutile. Quale deve essere la nostra posizione?

R. Dove si trova il vostro mentale?

D. Dove si trova?

R. Chiedetelo al vostro mentale stesso.

D. Preferisco chiederlo a voi. Devo concentrarmi sul mio mentale?

R. Eeh!

D. Ma qual è dunque la natura del mentale? Esso è senza forma. E’ un problema imbarazzante.

R. Perché siete perplesso?

D. Le Scritture sacre ci raccomandano di concentrarci e io non ci riesco.

R. Quali sono le Scritture sacre (Shastra) che vi hanno permesso di prendere coscienza della vostra esistenza?

D. E’ una questione di esperienza. Ma io desidero concentrarmi.

R. Siate libero da ogni pensiero. Non attaccatevi più a niente. E i pensieri non si attaccheranno più a voi. Siate voi stesso.

D. Non sempre riesco ad afferrare quale deve essere la mia posizione e su cosa devo concentrarmi. Posso meditare sul mio mentale?

R. Il mentale di chi?

D. Il mio proprio mentale!

R. Chi siete? La questione, ora, si risolve perfettamente da se stessa...

D. Voi raccomandate al cercatore di sbarazzarsi di tutti i suoi pensieri. Quando tutti i pensieri vengono espulsi, su cosa devo concentrarmi? Non vedo dove mi trovo e ignoro su cosa devo concentrarmi.

R. Chi si concentra?

D. Il mio mentale.

R. Dunque concentratelo.

D. Ma su cosa?

R. Sta a voi trovare la risposta. Che cos’è il mentale? Perché vi dovete concentrare?

D. Non so in che cosa consiste il mentale. E’ per questo che lo chiedo al Maharshi.

R. Il Maharshi non cerca di sapere cos’è il mentale. Di conseguenza voi dovete interrogare il vostro mentale e chiedergli cos’è.

D. Ma il Maharshi raccomanda di spogliare il mentale di ogni pensiero.

R. Questa raccomandazione, in se stessa, è anche un pensiero.

D. Quando tutti i pensieri scompaiono, cosa resta?

R. Credete che il mentale sia differente dai pensieri?

D. No, sicuramente. Il mentale è formato da pensieri, ma quando ogni pensiero se ne va, come posso a quel punto concentrarmi?

R. E questa idea, non è anch’essa un pensiero?

D. Certo. Ma dal momento che mi si raccomanda di concentrarmi.

R. Perché volete concentrarvi? Perché non dovreste dare libero corso ai vostri pensieri?

D. Perché le sacre Scritture, i Shâstra, affermano che i pensieri, lasciati a se stessi, ci sviano, ci portano cioè alla ricerca di cose irreali e inconsistenti.

R. Così voi cercate di non essere più attratto verso l’irreale e il cangiante. Ma tutti i vostri pensieri sono irreali e cangianti. Voi preferite aggrapparvi alla realtà; è giusto quel che intendevo. I vostri pensieri sono irreali. Dunque sbarazzatevene.

D. Comincio a capire. E tuttavia ho ancora un dubbio. La Gita non dice: “Nessuno resta un solo istante senza attività”? In queste condizioni, come posso sbarazzarmi dei miei pensieri?

R. Non è scritto, anche, nella Bhagavad-Gîtâ?: “Per quanto tutte le attività si svolgano, io resto comunque l’Imperituro non agente”. E’ il caso del sole che permane impassibile di fronte alle attività terrestri. Il Sé resta sempre inattivo mentre i pensieri sorgono e tramontano. Il Sé è Perfezione, Egli rimane immobile; il mentale è mutevole e limitato. Non avete dunque che da rigettare tutte le vostre limitazioni. La vostra perfezione si rivelerà allora da se stessa.

D. Per questo è necessaria la Grazia.

R. La grazia è sempre presente. Tutto ciò che dovete fare è di sottomettervi ad essa.

D. Io mi sottometto ad essa. Prego anche per essere rimesso a forza sulla retta strada e stavo per perdermi.

R. E’ questo che chiamate sottomettervi? Per essere completa la sottomissione non deve chiedere niente.

D. Mi sottometto. Voi dite che è necessario immergermi nel profondo oceano del Sé, come un pescatore di perle in fondo al mare.

R. Sì, perché in questo momento siete convinto di trovarvi al di fuori dell’oceano della Coscienza.

D. Io pratico il pranayama. E questo mi infiamma il corpo intero. Cosa devo fare?

R. Il calore sparirà quando il mentale si acquieterà.

D. E’ esatto, ma è difficile riuscirci.

R. La vostra precisazione è ancora un pensiero. Non è che un ostacolo in più. [416.402-06]

D. Come devo comportarmi per fare il japa?

R. Il vostro japa comprende la parola “namah”, Questa parola designa lo stato in cui il mentale non si manifesta più al di fuori del Sé. Quando avrete raggiunto questo stato porrete termine al japa. Perché in questo stadio l’attore e la sua attività scompaiono entrambi. Non resta che l’Essere eterno. Il japa deve quindi essere praticato fino a che non raggiungete questo stato. Non potete sfuggire al Sé. Colui che recita il japa è automaticamente attratto dal Sé. Quando sarete pervenuto allo stadio finale non potrete fare altro che essere completamente assorbito nel Sé.

D. Ma la via dell’adorazione (bhakti) non porta alla liberazione (mukti)?

R. Bhakti non è differente da mukti. Bhakti consiste nell’essere il Sé (svarupa); ognuno di noi è sempre “quello”, e ognuno di noi realizza la sua essenza, grazie al metodo prescelto. Che cos’è bhakti? É pensare senza interruzione a Dio. Ciò significa che un solo pensiero predomina, ed esclude tutti gli altri. Questo unico pensiero si applica a Dio, cioè al Sé, o per meglio dire al Sé interamente sottomesso a Dio. Quando Dio vi ha preso in carico niente più vi turba. L’assenza di ogni pensiero è bhakti. Ed è ugualmente mukti. Il metodo di jnana è l’inchiesta (vichara). Non è altro che la devozione suprema (para-bhakti). É soltanto una differenza di parole.

Voi credete che bhakti sia la meditazione sull’Essere supremo. Fino a che permane il sentimento di separazione (vibhakti) si ricerca l’unione (bhakti). Questo processo condurrà finalmente al fine, così come lo esprime la Bhagavad-Gita, nel capitolo VII: “16. - Fra i virtuosi che si rivolgono a Me con devozione, o Arjuna, ci sono quattro specie di bhakta-  quelli che soffrono, quelli che cercano il bene nel mondo, quelli che cercano la conoscenza e infine quelli che Mi adorano (bhakti) con la conoscenza (jnana). “17. - Il migliore fra questi bhakta è colui che ha la conoscenza (jnana), che è sempre in unione costante con Dio, e la cui devozione (bhakti) è interamente concentrata su di Lui. Egli nutre per Me un perfetto amore ed è il Mio beneamato. ”Qualsiasi meditazione è buona. Tuttavia, se il senso di separazione è perduto e l’oggetto di meditazione e il soggetto che medita sono abbandonati senza che ci sia più niente da conoscere, siamo in jnana. Alcuni dicono che la jnâna è una devozione pienamente concentrata (ekabhakti). Il jnanin è il fine ultimo, perché è diventato il Sé e non c’è niente altro da fare. Egli è anche perfetto e senza paura, perché è solo. Infatti soltanto l’esistenza di un altro può suscitare paura. Lo stato di perfezione è mukti. Ed è ugualmente bhakti. [578.559-60]

Quaderno n° 24  - 9 Giugno 2007 -  Advaita & Vedanta

Traduzione da Talks (Ed. francese) a cura di Bua