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Arunachala come Mandala

“Vai a girare intorno alla montagna; questo è quello che il Maharshi soleva raccomandare”, disse un amico dell’asramam con cui avevo parlato della mia intenzione di arrampicarmi fin sulla cima di Arunachala.

Appena mi disse questo sentii un brivido e immediatamente seppi che era nel giusto. Per l’intero giorno ebbi la sensazione di avere accanto a me una presenza osservante.

Rimasi in preghiera e ogni volta che chiudevo gli occhi in meditazione, vedevo il viso e gli occhi benevoli di Ramana. Ero felicissimo di essere di nuovo al Ramanasramam, anche se avevo atteso tanto a lungo per poter tornare.

Era il 28 maggio del 1964 e la mia prima visita risaliva a sedici anni prima: il 31 maggio del 1948. Ero stato benedetto dal Saggio tramite un sogno che feci mentre ero a Dhari in Saurashtra (Gujerat) nel 1943 e fu proprio quel sogno che determinò la mia prima visita. Come posso descrivere il mio sentire quando incontrai faccia a faccia il Maharshi la prima volta?

Mossi un passo indietro e restai senza fiato per la meraviglia e il rispetto che provavo e mi prostrai di fronte a Lui. Potei restare all’asramam un solo giorno, ma il potente impulso spirituale che ricevetti da lui continua tutt’ora a crescere in me.

Così la mattina del 29 maggio del 1964 mi avviai per la pradakshina [1], camminando a piedi nudi intorno la collina. Era una mattina piacevole, con un vento fresco e il cielo nuvoloso.

La strada era in buono stato, una parte della via era asfaltata, ma era stata lasciata una striscia di sabbia per camminare a lato della strada.

Appena uscii dall’asramam iniziai a cantare il mantra che mi era stato rivelato la notte precedente: "Costantemente mi inchino alla Regina della Montagna rossa che concede sempre felicità". 

Camminavo solo, godendo in solitudine del panorama, quando un abitante della zona mi raggiunse e mi accompagnò per un miglio, parlando a tratti del più e del meno, poi se ne andò.

[1] La pradakshina è una deambulazione circolare (in senso orario) intorno ad un oggetto posto al centro quali la statua di una divinità o un lingam, il fuoco, o anche reliquie, fiumi, montagne, alberi sacri, oppure si gira intorno al cadavere nei riti della cremazione (in questo caso però la deambulazione è antioraria Prasavya : ‘verso sinistra’). La deambulazione  rituale può difatti essere svolta sia in senso orario che antiorario. Nel primo caso abbiamo la Pradakshina, che significa letteralmente ‘verso destra’ ed è una deambulazione riservata ai riti fausti, propiziatori o ai riti in onore delle divinità. Che la deambulazione ‘fausta’ segua il senso orario è dovuto alla circostanza che quello è il corso del sole e degli altri astri e quindi è considerato un movimento positivo, benevolo e propiziatorio. Tra le pradakshina più importanti si ricorda proprio il Giripradakshina (‘giri’ in sanscrito significa ‘montagna’ o ‘collina’) che consiste nella deambulazione intorno alla collina di Arunachala (‘colonna di fuoco’) a Tiruvannamalai in Tamil Nadu considerata come una rappresentazione del dio Shiva. Il pellegrinaggio viene svolto a piedi nudi per i quattordici chilometri  del percorso.

Quando ritornai a cantare, il mantra era cambiato: "Mi inchino alla Regina dell’universo, la sposa del Signore Shiva e Imperatrice della Montagna rossa". 

Raggiunsi il villaggio di Adiannamalai [1]. Entrai nel tempio per avere il darshan del Signore Annamalai [2] e della sua sposa Ambika [3]. Quando feci per uscire il prete di turno mi invitò a rimanere, così rimasi, mentre lui celebrava la puja [4].

Dopo aver ripreso la mia pradakshina divenni improvvisamente consapevole che il mantra era di nuovo cambiato e, questa volta, dal femminile al maschile: "Mi inchino a quel Signore dell’universo che libera dalla rinascita come il Signore della Montagna rossa".

Avvolto nella beatitudine continuai a cantare questa nuova versione del mantra per tutto il resto della via, fino a che arrivai al grande tempio di Tiruvannamalai, dove mi prostrai davanti al Signore Shiva e alla sua Sposa. In quel momento si stava celebrando la puja.

Presi il prasadam [5] e mi avviai per il rimanente miglio avvolto nella devozione, poi rientrai alle undici nella benevola ospitalità dell’Ashram.

Dopo aver riposato e fatto colazione iniziai a riflettere sulla mia pradakshina.

Avevo udito che Arunachala è lo stesso Ardhanareshvara lingam [6]. Fu per questo che involontariamente iniziai a cantare la forma femminile del mantra sul lato occidentale della collina, e la forma maschile sul lato orientale, cioè da Adiannamalai procedendo avanti per Tiruvannamali.

Cercai una mappa del terreno della collina, la trovai al tempio e fu una rivelazione scoprire che i due templi di Tiruvannamalai e di Adiannamalai sono situati alle due estremità dell’asse che passa per il picco della collina sul quale la lanterna è accesa ogni anno a Kartikai.

Ad est della linea che li unisce, troviamo la collina, che  è Shiva, e ad ovest Ambika.

Non so esprimere l’amore e la benedizione con cui sentii entrambi abbracciarmi durante la mia pradakshina.

Mi inchino a loro di nuovo, e ancora di nuovo.


[1] L’Antica Annamalai

[2] Altro nome di Arunachala e quindi di Shiva

[3] La sposa di Shiva, conosciuta anche come Uma, Parvati, Unnamulai e Durga.

[4] Puja (dal sanscrito reverenza) è un  termine che genericamente indica un atto di adorazione verso una particolare forma (murti) della Divinità, che può esprimersi in un’offerta, un culto, una cerimonia o un rito.

[5] Cibo benedetto e purificato in quanto offerto alla divinità durante il rito e poi distribuito ai presenti.

[6] Il lingam (simbolo ovoidale) di Ardhanarishvara la  forma androgina di  Shiva e della sua consorte Parvati (nota anche come Ambika). Ardhanarishvara è raffigurato come metà uomo e metà donna, diviso esattamente a metà. La metà destra di solito rappresenta il maschio la  sinistra la femmina. Ardhanarishvara simboleggia sia la sintesi delle energie maschili e femminili dell'universo (Purusha e Prakriti) sia la natura onnipervasiva di Shiva.