Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione

Rimani Dove Sei

Nagamma, originaria dell' Andhra Pradesh, viveva qui ad Arunachala durante la vita di Bhagavan. Anche suo fratello era un grande devoto di Bhagavan, ma poteva  fargli solo visite occasionali perché era il manager di una banca di Madras. Perciò Nagamma prese l’abitudine di scrivergli per raccontargli dei fatti e dei detti di Bhagavan. Alcune di queste lettere sono state raccolte in un libro e pubblicate dall’Asramam, ma quella che segue non è stata ancora pubblicata in inglese.

10 settembre 1947

Alle dieci meno un quarto di questa mattina, mentre Bhagavan stava alzandosi per andare a fare la sua usuale, piccola, passeggiata di metà mattina, un giovane uomo dell'Andhra Pradesh si avvicinò al suo divano e disse: “Svami, sono venuto qui perché voglio compiere austerità  (tapas) ma non so quale potrebbe essere un  posto adatto per praticarle, perciò qualunque luogo voi mi indicherete io ci andrò”.

Bhagavan non rispose. Stava massaggiando le sue gambe e le ginocchia come faceva spesso prima di iniziare a camminare, a causa dei reumatismi, e sorrideva tranquillamente. Noi naturalmente stavamo aspettando impazientemente quel che avrebbe risposto. Un momento dopo prese il bastone che solitamente usava per sostenersi durante il cammino e guardando il giovane uomo, disse: “Come posso dirti dove stare? E’ meglio stare dove sei” e con un sorriso, uscì.

Il giovane uomo rimase sconcertato. “Quale è il significato di questa risposta”? Esclamò. “Essendo una persona anziana pensavo che mi indicasse qualche posto sacro dove stare, invece  mi ha detto di stare dove sono. Io adesso sono vicino a questo divano. Significa che devo stare qui? E’ per ricevere una tale risposta che mi sono rivolto a lui? E’ un argomento su cui scherzare”?

Uno dei devoti lo portò fuori dalla Hall e gli spiegò: "Persino quando Bhagavan dice qualcosa in modo scherzoso c’è sempre un profondo significato nella risposta. Dove sorge il sentimento “Io” lì è il proprio Sé. Tapas significa conoscere dov'è il Sé e lì dimorare. Per colui che deve conoscere se stesso, che importanza ha il luogo? Questo è ciò che egli intendeva dire”. Così il devoto pacificò il giovane uomo e lo mandò via.


Ieri, ugualmente, qualcuno chiese: “Svami, come possiamo trovare il Sé (l’Atma)”?

“Tu sei nel Sé, come può essere  difficile trovarlo” replicò Bhagavan.

“Tu dici che io sono nel Sé, ma dove  è esattamente  questo Sé",  insistette l’interrogante.

“Se permani nel cuore e pazientemente lo cerchi lo troverai” fu la risposta.

L’interrogante sembrava ancora insoddisfatto e fece la curiosa obiezione che non c’era nessuna stanza nel suo cuore, in cui stare.

Bhagavan si girò verso uno dei devoti che sedeva vicino a lui e disse sorridendo: “Guarda come è preoccupato, non sa dove è il Sé! Che cosa gli posso dire? Ciò che è, è il Sé, esso è onnipervadente. Quando gli dico che è chiamato “Cuore” lui risponde che non c’è nessuna stanza, in esso, in cui possa dimorare. Che cosa posso fare? Dire che non c’è una stanza nel cuore dopo averlo  riempito con inutili vasana (tendenze inerenti e desideri) è come lamentarsi che non c’è una stanza in cui sedersi in una grande casa come Ceylon. Se tutto il ciarpame viene buttato via, non si libererà la stanza? Il corpo stesso è ciarpame.

Questa gente è come colui che riempie tutte le stanze della sua casa di ciarpame non necessario per il suo corpo, e si lagna che non c’è una stanza (per il suo corpo) in cui dimorare. In egual modo essi riempiono la mente con ogni sorta di vasana e dicono che non c’è nessuna stanza per il Sé. Se tutte le vasana vengono spazzate via e buttate, sicuramente ci saranno molte stanze e tutto sarà riempito di Sé. In quel momento non ci sarà un “io” separato che necessiti di una stanza. Invece di cercare il Sé , si dice: “ non c’è la stanza! non c’è la stanza!”, è come chiudere gli occhi e dire che non c’è il sole. Che si può fare in queste circostanze?”.