Agonia
Avendo provato la beatitudine del Sé, Venkataraman rimaneva sempre centrato nel Sé, anche se il corpo partecipava in qualche attività, i pensieri potevano andare e venire, ma l'Io continuava come l'interrotta nota di fondo, in questo stato di gioia, perdeva consapevolezza del corpo. Tutto questo accadde naturalmente e senza sforzo. Dimorare nel Sé e la devozione a Lui soltanto erano le due linee guida che governavano la vita di Venkataraman. Per colui che dimora nel Sé, perchè la necessità della devozione a Dio? Molto tempo dopo, ecco come Bhagavan raccontò: "non ero a conoscenza che l’esperienza del Sé fosse stata categorizzata e variamente descritta, non avevo familiarità con i termini filosofici quali “ Brahman”, né sapevo cosa significasse Verità senza attributi.
Non ero consapevole che il Sé individuale ed Easwara fossero uno. Avevo consapevolezza di Easwara ma non che fosse lo stesso Atma. Non posso dire se il processo pensante (la mente) stesse scomparendo o se fosse sospesa. L’esperienza del Sé era senza sforzo, era dimorare nel Sé. Fu l’esperienza dell’atma ininterrotto nelle parole di Sankara, nello Jnana Vasishta è descritto come "sattva pathi."
"Sankara ed altri auto-realizzati non adoravano il Dio con attributi?”; un momento era immerso nell’atma ed un attimo dopo in Dio.
Anche Sri Ramakrishna Paramahamsa conferma che gli ultimi stadi dei santi e dei saggi sono simili.
"A parte il Periapuranam non ho studiato da allora nessun altro testo spirituale. Ho solo ascoltato l’Essere Infinito con attributi come lì (Periapuranam) è descritto. Non avevo mai sentito di alcuna Verità senza attributi. Anche mentre ero consapevole del mondo esterno, ero in presenza di Easwara senza angoscia o commozione," ha detto lo Svami.
La via Yogica è di due tipi: interna ed esterna. Il Jnana-marga (sentiero della Conoscenza) trascende le cinque guaine del corpo. Il Raja Yoga è il controllo della mente, mentre l'Hatha Yoga è controllo del respiro. Tra gli yoga esterni, karma e bhakti marga sono i più importanti, sono facilmente accessibili anche alle persone ordinarie, con la mente rivolta al mondo, tra questi, i Sankhya discriminano rispetto al corpo e realizzano il Parabrahaman senza attributi. Oppure alcuni divengono devoti, fissano il loro cuore su Easwara con attributi, lo servono e con fede sanno che non c’è nient’altro che Easwara. Per coloro che come Suka ha scelto l’atma quale metà finale, così come per quei devoti che scelgono Easwara come meta — il risultato è lo stesso – è l’unificazione del sé individuale e Brahman.
Venkataraman che prima visitava il tempio di Meenakshi solo nei giorni sacri, ora ne divenne un assiduo devoto. Nel vedere le rappresentazioni di Sundarareswarar dipinte nel salone dei mille pilastri, a Venkataraman, "riportava alla mente la forte emozione provata circa un anno prima nell’udire il nome di Arunachala," inoltre ricordava la storia delle vite di quei devoti che allora non avevano influenzato la sua vita. "Devo anche essere ricolmo di bhakti come i Nayanmar, ho pensato, Easwara, mio padre Arunachala, mi garantirà un rifugio ai suoi piedi. Visitavo con frequenza il tempio ed in presenza delle immagini delle Divinità e dei Nayanmar, per la commozione gli occhi mi si riempivano di lacrime. Non sapevo a cosa fosse dovuta quell’angoscia o commozione. Tutto ciò per cui pregavo era che il Signore mi facesse suo devoto, un membro del suo seguito, uno con una devozione irremovibile. Non sapevo se fosse gioia o dolore sia che fossi in meditazione o in quello stato d’angoscia, il corpo intero era inondato da questa emozione ed aveva una sensazione di bruciore. Nel vedere le immagini, si alzava una tempesta nella mente, forse perché i pensieri perdendo la loro ancora al corpo avevano necessità di un altro appiglio. Questa era la ragione delle frequenti visite al tempio. A volte pregavo per la grazia, altre volte anche questo pensiero era assente, mentre le lacrime sgorgavano a volte ero stupefatto.
La sola cosa che in Venkataraman si mostrava all’esterno erano le lacrime, non mostrava nessun’altra caratteristica visibile di una bhakti travolgente come ballare in estasi, o avere la voce soffocata o avere svenimenti. Qual’era la causa di questo tumulto interiore? Era dovuto a qualche ricordo di un janma (esistenza) precedente? Se così, che esperienza aveva avuto questo precedente janma?