Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione

Shivabhaktavilasam

La Shivabhaktavilasam di Upamanyu è uno degli antichi testi in Sanscrito che il Maharshi spesso citava o a cui si riferiva quando descriveva le vite dei sessantatre santi Nayanar. E’ ben noto come la lettura dei Periapuranam, ovvero la versione in Tamil di queste storie, risvegliò nel cuore del giovane Venkataraman il gigante, ancora dormiente, della consapevolezza spirituale. Questo culminò con la sua Autorealizzazione permanente, che avvenne nel 1896. Le storie dei bhaktas di Shiva, narrate dettagliatamente nella Shivabhaktavilasam, furono una miniera di ispirazione dalle quali il Saggio di Arunachala trasse prontamente nutrimento per placare l’appetito spirituale dei suoi devoti.

Abramo, nell’Antico Testamento, ricevette da Dio l’ordine di sacrificare il suo unico figlio, come se si trattasse dell’offerta di un agnello sacrificale. Obbedendo a tale ordine, Abramo legò il fanciullo, lo mise su una catasta di legna da ardere e alzò il braccio per affondare un pugnale nel suo petto, quando un angelo del Signore lo fermò. Nel caso di Dabhra, questo stesso ordine di Dio fu dato in modo ancora più critico; ma Dabhra non si fece indietro. La storia che segue è tratta dalla nuova traduzione inglese della Shivabhaktavilasam, di prossima pubblicazione allo Sri Ramanasramam. 

narapasuniman ahami tadayan | parasivaudanau vitanute pacan || 32 ||

“Ecco, devi mozzare l’ego degli esseri umani immersi nell’ignoranza, farli maturare e trasformarli in cibo per Shiva.” Quaranta versetti in Lode di Sri Ramana, di Ganapati Muni.

La Storia di Dabhra

Sri Agastya: Un tempo a Kailasa, Parvati chiese con curiosità al Signore Paramesvara, che stava riposando con la testa reclinata sul suo grembo: "Signore! Dimmi, per favore, chi è il tuo favorito tra Nandi, Bhrngi e Chandi." Pasupati, il Signore degli esseri, inanellando le dita tra i suoi capelli rispose: "Più di qualunque altro, te inclusa, Dabhra Bhakta incontra il mio maggior favore. Devo dire che non posso benedirlo a sufficienza." Scioccata a tale rivelazione, Uma chiese una spiegazione. Shiva si alzò, strofinò il Suo corpo con le ceneri, legò i suoi capelli arruffati nella consueta kaparda e disse, "Seguimi e vedrai con i tuoi occhi." Si incamminò verso Arunaranyam.

Nel frattempo, nella sua città, Dabhra si stava accingendo a nutrire i Mahesvaras (devoti di Shiva), poiché era giunto il fausto giorno di Bharani nel mese di Chaitra. Dato che nessun devoto si avvicinava a chiedere il cibo, uscì a cercarli. In quel momento, Shiva apparse nelle sembianze di Bhairava (fedele di Shiva bhakta) nella sua casa e gridò, "E’ questa la casa di Dabhra? Posso avere del cibo?" Chandana, il servitore uscì e rispose con riverenza: "Prego, entra. Il padrone di casa sarà qui presto." La risposta fu: "Non sono solito entrare in una casa quando il padrone è assente. Dovrò andarmene." A queste parole Svetavananayika, moglie di Dabhra Bhakta, corse alla porta e lo implorò di restare. Ripetendo le stesse parole di prima, aggiunse: "Lo attenderemo nel Tempio Ganapatisvara."

Poco dopo, Dabhra ritornò scoraggiato per non aver trovato alcun Mahesvaras da nutrire. La moglie gli raccontò cos’era successo durante la sua assenza e gli chiese di riportare il devoto, che splendeva come Shiva, dal tempio vicino. Udendo queste parole, che erano come nettare, Dabhra corse al tempio e trovò il Bhairava seduto nella posizione del virasana sotto il kovidara (fico). Il suo gomito sinistro era sorretto da uno yoga danda, il bastone dello yogi. Brahma kapala, il teschio usato come ciotola per la questua, era vicino alla sua mano destra, impegnata a contare il sacro rosario. Una piccola borsa colma delle sacre ceneri, circondata da una corona di rudraktas, era al suo fianco. Il Suo fulgore era maggiore della luce del sole. Il grande yogi sembrava anziano, rugoso, e piuttosto stanco.

Dabhra cadde ai suoi piedi e vi si avvinghiò forte. Il Bhairava, con uno sguardo premuroso, chiese, "Chi è?" Felice della domanda, Dabhra rispose, "Sebbene io mi consideri uno schiavo dei devoti, mi chiamano Dabhra Bhakta. Mi rifugio in te. Benedici la mia casa con la polvere dei tuoi piedi e dividi il cibo che ti  offriamo." Il Bhairava rispose, "La tua fama si propaga fino alle regioni più lontane. Tu sei un simbolo dell’adagio 'la carità inizia in casa'. Oggi è Chaitra Bharani, giorno fausto come la stessa Madre Girija. Che grande fortuna è ricevere l’offerta della cena da un vero devoto! Ciò nonostante, devo avvisarti di un certo argomento che potrebbe suonare spiacevole. Eppure, non voglio essere causa di dolore per la tua famiglia. Cercherò qualcun altro." E così dicendo, si alzò per andarsene.

Il Dialogo di Dabhra con il Bhairava

Sri Agastya: Quando il Bhairava si fu alzato, Dabhra si gettò ai suoi piedi, e cercando di trattenerlo lo pregò, "Non dubitare mio signore. Mettimi alla prova! Con la tua grazia sarò in grado di soddisfare le tue esigenze." Il Signore lo interruppe dicendo, "Aspetta, aspetta, non mi nutro dei consueti alimenti come latte, latte cagliato, burro liquefatto, riso, verdure, etc. Persino i frutti colti dal celestiale albero Kalpa non vanno bene per me. Ora ascolta quali sono le mie abitudini alimentari. Mangio solo una volta ogni sei mesi – e mangio carne! Sicuramente è oltre le tue possibilità." Dabhra subito replicò, "Abbiamo giovani animali a casa. Dimmi quale preferisci."

Il Bhairava fece una breve pausa e disse, "Bene, quella che consumo è carne umana – quella di un fanciullo di cinque o sei anni, unigenito, senza difettosità e perfetto nel corpo e in tutti gli aspetti. Mentre la madre lo tiene stretto nel grembo, il padre deve tagliarlo a pezzi, senza il minimo dolore nel cuore. Quindi il padre deve ripulire la carne da peli, unghie ed ossa, la madre deve tritarla e cuocerla serenamente, usando spezie e condimenti. Gradisco solo questo cibo e null’altro. Ora, vai in fretta da tua moglie e ottieni la sua piena approvazione, con tutto il cuore."

La Liberazione di Dabhra

Dabhra, sollevato nell’udire il consenso dell’ospite, corse a casa. Con calma si avvicinò alla moglie che stava aspettando ansiosa, e cingendola con un braccio, spiegò per esteso i codici e le sottigliezze della Saiva Dharma – la pratica del rendere servigio ai devoti. In qualche modo perplessa all’insolita spiegazione, gli domandò, "Signore! Questo è il preambolo per cosa? Forse le mie azioni non rispecchiano il tuo desiderio? Non farmi provare vergogna. Dimmi chiaramente cos’hai in mente." A queste parole Dabhra si fece coraggio e spiegò le richieste del Bhairava. Sveta chiuse gli occhi in contemplazione del Signore e rispose, "Se questa è la volontà del Signore, vai e porta il nostro amato figlio, la cui vita consacreremo al Signore stesso."

Dabhra corse come il vento alla scuola gurukula dove il fanciullo Sripati stava meditando sul Panchaktari. All’arrivo del padre, Sripati fu incitato dal suo Guru a recitare un inno per Umapati. Il senso era, "Soltanto Shiva è degno di adorazione. Gli Sivabhaktas sono sempre degni di servigio." Immensamente soddisfatto dalla sua interpretazione, straripante di emozione, il Guru lo benedì con l’augurio di una lunga vita e di prosperità. Dabhra, ottenuto il permesso del Guru, condusse il ragazzo a casa e lo consegnò alla madre.

Sveta fece fare un bagno in acque tiepide e profumate al fanciullo, lo asciugò con un telo e, tenendolo nel grembo, fece un cenno al marito. Dabhra portò un coltello affilato e ammonì la moglie, "Non permettere al tuo cuore la pietà, altrimenti questa offerta ne sarà macchiata." Guardò il fanciullo per l’ultima volta, su cui splendevano le fresche tracce delle sacre ceneri. Imperturbato, mozzò il collo del fanciullo con un solo fendente. Siva! Siva! La testa del ragazzo rotolò distante dal grembo della madre. Senza perdere tempo, il sangue venne raccolto in un recipiente, il tronco tagliato in pezzi e le parti commestibili rimosse con cura e lavate. Dabhra porse la carne pulita alla moglie, che la condì con spezie scelte come chiodi di garofano, pepe, coriandolo, cardamomo, fieno greco, mostarda bianca, assafetida, e la cucinò con burro fresco. Poiché la parte della testa non era adatta ad essere cucinata, fu lasciata da parte, perché se ne occupasse il servo Chandana. Poi, Sveta informò il marito che la cena era pronta e che doveva andare a prendere il Bhairava per tempo.

Dabhra corse nuovamente al tempio e informò il Bhairava che era seduto in contemplazione nello stesso posto. A queste parole, il Bhairava si levò maestosamente nella sua grandezza che incute timore. Prendendo entusiasticamente manciate di cenere dalla borsa, le cosparse su tutto il corpo. Teneva il kapalam, la ciotola di teschio, in una mano mentre con l’altra suonava il damaru (tamburo con manico), che riecheggiava terribile su tutta la terra. Aveva una cintura di teschi che sfregavano uno con l’altro ai suoi movimenti. Le sue folte trecce argentee erano strettamente legate in una corona di jatamukutam, trattenute da una ghirlanda di teschi più piccoli. La sua fronte, unta con un gorochana rosso, sembrava un ardente terzo occhio, mentre i suoi occhi emanavano terrore e compassione. Mentre camminava appoggiandosi a Dabhra, le sue enormi cavigliere tintinnavano manifestando la vibrazione cosmica, il nada originario.

Una volta giunti a casa, Dabhra fece accomodare l’anziano Bhairava, lavò i suoi piedi in un piatto dorato e gli fece le celebrazioni cerimoniali. Poi, su  due larghe foglie di banano, la signora della casa, Sveta, servì la carne cucinata in una ciotola a parte, con riso sulle foglie. Quando condì il riso con il burro liquefatto nel modo tradizionale, Dabhra gli porse un recipiente con acqua dolce e fragrante. Il Bhairava esaminò il contenuto del piatto di foglie e osservò, "Vedo che avete omesso di cuocere la testa." Mentre la coppia si guardava ansiosamente, il servo Chandana comparve con una ciotola e disse, "Riguardo a ciò, ho cucinato la parte della testa separatamente." Sentendosi decisamente sollevata, la coppia chiese all’ospite straordinario, "Onorato da tutti, ciò che cerchi ti è servito. Mangia a sazietà." Ma il Bhairava aggiunse, "Non mettetemi fretta. Non mangio mai senza compagnia." A queste parole Dabhra uscì a cercare un secondo ospite e tornò senza aver trovato nessuno. Quando il Bhairava suggerì che lo stesso Dabhra poteva fargli compagnia, replicò, "E’ mia consuetudine attendere l’ospite mentre lo servo." Ad una ennesima richiesta, si sedette al fianco dell’ospite.

Mentre stavano per iniziare, l’anziano ospite chiese, "Di solito i genitori nutrono per primi i loro figli, e addirittura hanno piacere di sacrificare la propria carne per la loro salute. Ora vai a cercare tuo figlio e lascia che mangi insieme a noi." In risposta a quelle dolorose parole, Dabhra disse, "Non è più disponibile, quindi per favore procedi con il cibo prima che si raffreddi." Ciò nonostante, il Bhairava gli ordinò di chiamare suo figlio. Dabhra, restando sempre calmo, chiese alla moglie di farlo. Dunque Sveta, controllandosi per non cedere all’emozione, uscì e gridò:

"Sripati, amato figlio! Vieni subito!" Ed ecco, quel grido compì un miracolo! Come se apparisse dal nulla, Stipati arrivò barcollando verso di lei e si gettò fra le sue braccia. Non poteva credere ai suoi occhi. Poteva forse quel fanciullo essere qualcun altro? Lo baciò. Il suo corpo odorava di tutte le spezie con cui l’aveva asperso! Smise di ragionare, e rivolse la mente piena di gratitudine al Signore dalle vie imperscrutabili. Il fanciullo le chiese con innocenza, "Madre! Dove sono andato mentre ero sul tuo grembo?" Lei lo strinse al cuore e rispose, "Da nessuna parte, caro!"

Cercando la ragione del ritardo, Dabhra uscì e fu ammutolito a vedere quella scena. Divise con la moglie l’abbraccio del figlio. Quindi rientrarono, e non videro traccia del Bhairava o del cibo. Poi il Signore apparve loro con tutti i Suoi paraphernalia. Piovvero fiori dal profumo celestiale e i quartieri della città risuonarono sotto l’eco degli strumenti.

La famiglia benedetta ringraziò il Signore all’unisono. I Paramesvara pieni di compassione li benedirono con un sarupya mukti. Egli benedì anche i loro amici e parenti, e il loro servo.

May / June 2002 Vol. 12 - No. 3