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Il Maharshi

Aneddoti, ricordi, rimembranze, dialoghi...

La Via di Sri Ramana

Sri Ramana Maharshi è noto fra coloro che ricercano l’accesso ad elevati livelli di consapevolezza. In India, è considerato uno jnani, Conoscitore, Colui che è giunto alla conoscenza del Sé supremo attraverso l’auto-conoscenza. Affascina il non provenire ad alcun lignaggio iniziatico conosciuto, il non essersi riconosciuto in alcuna religione e l’essere vissuto sulla sacra collina di Arunachala.

Soddisfa, sotto molti aspetti il bisogno di chi confonde l’intolleranza in una pratica spirituale disciplinata con l’anelito di chi brama l’Assoluto. D’altra parte il degrado delle società moderne denuncia il ritiro dei lignaggi sapienzali qualificati a cui guardare, appartenenti all’unica tradizione universale metafisica, a cui Sri Ramana Maharshi si volge attraverso il ramo del Vedanta Non-duale (advaita).

Il fine dello Jnani

Lo Jnani mira alla Conoscen­za del Reale-Assoluto e in questo suo obiettivo non può servirsi di strumenti di natura relativa, come la mente empiri­ca analitica (manas), che ope­rano nel relativo, con dati ir­reali e secondo una modalità condizionata da diversi fattori, o limitati come i sensi, ecc.

Il finito non conduce all’Infinito, il falso non porta al Vero. La Conoscenza-jnana non si persegue con la proiezione mentale, né attraverso la mente analitica, ma con l’intui­zione, la comprensione e la consapevolezza.

La Realtà del Mondo

Teorie sulla Creazione

Sri Ramana aveva scarso interesse per l’aspetto teorico della spiritualità. Il suo principale interesse era portare le persone a una consapevolezza del Sé e, per raggiungere questo fine, sostenne sempre che la pratica era più importante della speculazione.

Scoraggiava le domande di natura teorica rimanendo silente quando venivano formulate o chiedendo all’interlocutore di trovare la sorgente dell’”io” che stava ponendo la domanda. Occasionalmente si addolciva e dava dettagliate esposizioni di vari aspetti della filosofia, ma se i suoi interlocutori insistevano troppo nei loro quesiti o se la conversazione si dirigeva verso uno sterile intellettualismo, cambiava argomento e dirigeva l’attenzione dei suoi interlocutori su questioni più pratiche.

Molte di queste conversazioni filosofiche si concentravano sulla natura e l’origine del mondo fisico, poiché Sri Ramana era noto per le sue opinioni totalmente in disaccordo con la comune opinione del mondo. Come con molti altri argomenti, egli adattava le sue affermazioni affinché si conformassero ai diversi livelli di comprensione che incontrava nei suoi interlocutori, ma anche così, quasi tutte le sue idee erano radicali confutazioni dei concetti della realtà fisica condivisi dalla maggior parte delle persone.

Sri Ramana adottò tre diversi punti di vista quando parlò della natura del mondo fisico. Egli li patrocinò tutti in momenti differenti, ma dai commenti che in genere esprimeva sull’argomento è chiaro che considerava vere o utili solo le prime due teorie qui descritte:

Manolaya

Domanda: Quando sono impegnato nell'indagine sulla sorgente da cui nasce l' "io" arrivo ad uno stadio di immobilità della mente al di là del quale mi trovo incapace di procedere. Non ho alcun tipo di pensiero e c'è un vuoto. Una luce leggera mi pervade e sento di essere incorporeo. Non ho né cognizione, né visione di corpo e forma.

L'esperienza dura circa mezz'ora ed è piacevole. Sarebbe corretto concludere che tutto ciò di cui c'è bisogno per assicurarsi eterna felicità, cioè libertà o salvezza o comunque la si chiami, sia il continuare la pratica fino a che questa esperienza possa essere mantenuta per ore, giorni, mesi ?

Risposta: Questo non significa salvezza. Tale condizione è chiamata manolaya o temporaneo silenzio del pensiero. Manolaya significa concentrazione, arrestare temporaneamente il movimento dei pensieri. Non appena cessa questa concentrazione, i pensieri vecchi e nuovi irrompono come al solito; ed anche se questo temporaneo calmare la mente durasse migliaia di anni, non condurrebbe mai alla totale distruzione del pensiero che è ciò che viene chiamato liberazione dalla nascita e dalla morte.

Il Linguaggio di Sri Ramana

“L'essenza degli insegnamenti di Sri Ramana è contenuta nelle sue frequenti asserzioni che c'è una singola realtà immanente direttamente sperimentata da tutti, che è simultaneamente la sorgente, la sostanza e la reale natura di tutto ciò che esiste. Egli le diede numerosi nomi differenti, esprimendo in ciascuno un differente aspetto della stessa indivisibile realtà. (...)

IL SE'

Questo è il termine che egli ha usato più frequentemente. Lo ha definito dicendo che il vero Sé o vero “Io”, contrariamente all'esperienza percepibile, non è un'esperienza dell'individualità, ma una consapevolezza non personale, onnicomprensiva. (…) Egli asserì che il Sé reale è sempre presente e sempre sperimentato, ma enfatizzò che siamo realmente consapevoli di come è soltanto quando le tendenze autolimitanti della mente sono cessate. La permanente e continua consapevolezza del Sé è nota come auto-realizzazione.

Dal prana creò la fede

“Quello [il Purusha] creò il prana; dal prana [creò] la fede e lo spazio, l’aria, il fuoco, l’ac­qua e la terra, gli organi, la mente e il cibo; dal cibo [creò] il vigore, l’asce­si, i mantra, i riti, i mondi e il nome [di ogni essere] nei mondi”. (Prasna Up., VI,4).

È interessante esaminare in profondità il senso dell’affermazione “dal prana creò la fede” quale pri­mo elemento immediato della sua manifestazione, precedente perfino l’akasha, o etere, o spazio. La fede è dunque qualcosa che, al pari del prana, per­mea e sostiene l’intera creazione vivente, come sostrato di tutta l’esistenza. Ma la fede introduce qualcosa di più dinamico ed essenziale ai fini del­la realizzazione dello scopo ultimo di tale esistenza.

Sri Ramana sullo Yoga

Cos’è lo jnana-marga (la via della conoscenza)?

R. La concentrazione men­tale è, in un certo senso, comune alle due vie della conoscenza e dello yoga. Lo yoga mira all’unione dell’individuale e dell’universale: la realtà. Questa realtà non può essere nuova. Essa deve già esistere, esiste in questo stesso momento. Di conseguenza, la via della conoscenza cerca di sapere come la separazione (viyoga) è po­tuta sopravvenire. Se c’è separazi­one, non può che essere dalla realtà.

D. Santi quali i grandi Sri Caitanya e Sri Ramakrishna versavano molte lacrime davanti a Dio e hanno raggiunto le più alte vette spirituali. È forse questa la strada da seguire?

R. Sì. C’era in essi una grande forza (shakti) che li trasci­nava a passare attraverso tutte le esperienza. Abbiate fede in questa enorme Potenza e nella sua capacità di condurvi al fine. Si pensa spesso che le lacrime siano un segno di de­bolezza. I grandi personaggi non erano certo de­boli. Tutte queste manifestazioni erano soltanto presso di loro sintomi passeggeri della grande corrente che li trasportava nella sua corsa. Oc­corre considerare il risultato finale. [28.45]

Bhagavan Ramana e la Medicina Erboristica

L’essenza di tutti gli esseri è la terra.

L’essenza della terra è l’acqua.

L’essenza dell’acqua è la pianta.

L’essenza della pianta è l’essere umano.”

Così dice una massima della Chandogya Upanishad.

In India, la tradizione  del benessere risale a migliaia d’anni fa. Iniziò con l’uomo delle caverne che si nutriva di radici, foglie ed erbe crude prima di giungere alla conoscenza del fuoco che, in seguito, gli permise di scoprirne l’utilità per cucinare. In questo modo l’uomo imitava soltanto gli animali, i quali consumavano le piante per curare le malattie. La natura ha provvisto gli animali di quella facoltà che li aiuta a riconoscere i sintomi delle malattie e ha fornito loro i mezzi per l’auto-diagnosi e l’auto-cura.

Perché Bhagavan ignorò il Simbolismo

Considerando in quanti sot­tolineino la verità e la pro­fondità del simbolismo, ci si potrebbe chiedere perché Bhaga­van lo abbia ignorato, quasi senza farne cenno. Poiché il simbolismo è un utile aiuto nei percorsi indiret­ti, non è necessario in un cammi­no diretto di autoconoscenza o nel Vedanta Advaita su cui esso si basa.

Tre sono i livelli di percezione: fisico, universale e metafisico. Osservando dal livello fisico, tutto risulta un agglomerato senza signi­ficato di eventi accidentali e l’uomo erra straniero in un mondo alieno, mosso da leggi estranee che non comprende. Ponendosi dal livello universale, il mondo è un grande libro di simboli che mostrano gli attributi del Divino e manifestano il Suo Essere. Le realtà del piano fisico riflettono o rappresentano quelle del pia­no superiore. Il criptico ermetico recita: «Come sopra, così sotto».

L’uomo è fatto a somiglianza del Divino. I simboli sono la “via del ritorno”, un sentiero tracciato verso ciò che simboleggiano.