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Il Maharshi

Aneddoti, ricordi, rimembranze, dialoghi...

Mentale II

Ramana Maharshi

R. Tutti si lamentano della perpetua agitazione del mentale. Che si mettano dunque alla ricerca del loro mentale, e quando lo avranno scoperto, allora comprenderanno. È proprio vero che quando un uomo si apparta per meditare tranquillamente è immediatamente assalito da numerosi pensieri. Tutti i suoi tentativi di dominare questo flusso di marea si rivelano infruttuosi. Se invece perviene a dimorare al centro del Sé, la sua attitudine mentale sarà quella giusta.

Coloro che non possono dimorare nel Sé devono ricorrere al canto (japa) o alla meditazione (dhyana). È come deporre una catena davanti alla proboscide di un elefante agitato. La proboscide di un elefante inattivo è sempre in movimento. Se cammina in città, lancia la sua proboscide in ogni direzione per cercare di afferrare a caso qualsiasi cosa. Dal momento che gli si dà una catena da portare con la proboscide si calma immediatamente. Questa immagine si può applicare al mentale dell’uomo. Dal momento che si mette a praticare il japa o il dhyana, ogni altra attività mentale cessa a poco a poco e il mentale si concentra su un solo pensiero. Facendo questo l’agitazione scompare e regna la calma. Sia chiaro, questo stato di pace non si ottiene senza una lotta a volte molto lunga. Tutti gli altri pensieri devono essere combattuti.

Mentale III

Ramana Maharshi  

[K.R.V. Iyer] D. Come purificare il mentale?

R. Gli Shastra dicono: “Mediante il karma, la bhakti, ecc.”. Uno dei miei fedeli mi pose un giorno la stessa domanda. Gli ho risposto: “Mediante il vostro karma dedicato a Dio.” Non basta pensare a Dio mentre il vostro karma si svolge. Bisogna pensare a Dio continuamente e senza soste. È allora che il vostro mentale diventerà puro.

D. Come purificarlo, allora?

R. Dedicatevi alla ricerca del Sé o atma-vichara, provocate cioè la scomparsa dell’idea centrale “Io sono il corpo”. [298.290]

D. Per tornare all’arte di eliminare i pensieri e di sviluppare al loro posto l’intuizione, si può dire che ci sono due stadi distinti separati da un territorio neutro che non sarebbe più il mentale né l’intuizione? Oppure l’assenza del mentale provoca necessariamente la Realizzazione del Sé?

R. Per l’abhyasin (colui che pratica) esistono in effetti due stadi differenti. E c’è un terreno neutro: sonno senza sogni, coma, svenimento, follia, ecc., dove le operazioni “mentali” non esistono più, vale a dire che la coscienza di sé è abolita.

Mentale IV

Ramana Maharshi 

D. Lo stesso mentale è molto sottile. In fondo è la stessa cosa che l’atman. Come arriveremo a conoscere la sua natura? Avete detto che ogni supporto del pensiero è inutile. Quale deve essere la nostra posizione?

R. Dove si trova il vostro mentale?

D. Dove si trova?

R. Chiedetelo al vostro mentale stesso.

D. Preferisco chiederlo a voi. Devo concentrarmi sul mio mentale?

R. Eeh!

D. Ma qual è dunque la natura del mentale? Esso è senza forma. È un problema imbarazzante.

R. Perché siete perplesso?

D. Le Scritture sacre ci raccomandano di concentrarci e io non ci riesco.

R. Quali sono le Scritture sacre (Shastra) che vi hanno permesso di prendere coscienza della vostra esistenza?

D. È una questione di esperienza. Ma io desidero concentrarmi.

R. Siate libero da ogni pensiero. Non attaccatevi più a niente. E i pensieri non si attaccheranno più a voi. Siate voi stesso.

D. Non sempre riesco ad afferrare quale deve essere la mia posizione e su cosa devo concentrarmi. Posso meditare sul mio mentale?

Bhakti

Ramana Maharshi

[Un sadhu:] D. La via della bhakti consiste nel dimenticare il corpo fisico, ecc.?

R. Perché vi preoccupate del corpo? Praticate la vostra bhakti e non curatevi di sapere cosa accadrà al vostro corpo. [122]

D. Qual è l’efficacia della via devozionale (bhakti)?

R. Finché esisterà vibhakti, sarà necessario ricorrere a bhakti. Finché durerà viyoga, occorrerà perseguire lo yoga. Finché durerà la dualità, ci sarà Dio e il suo adoratore. Finché durerà il vichara, ci sarà ugualmente dualità.

Sarà solo quando ci si sarà fusi nella Sorgente che non resterà altro che l’unità. Lo stesso è per la bhakti. Quando il Dio della preghiera è realizzato, non c’è che l’unità. Perché Dio è anche pensato nel Sé e dal Sé. Dio è dunque identico al Sé.

Se qualcuno riceve il consiglio di praticare la bhakti per Dio e vi si consacra costantemente, è una buona cosa. Ma esiste un’altra categoria di uomini, che replica: “Noi siamo due; Dio ed io. Prima di cercare di conoscere un Dio lontano, voglio prima conoscere l’Io che mi è più immediato ed intimo.” A queste persone occorre insegnare il vichara-marga. In effetti, non c’è differenza fra la bhakti e il vichara. [128]

Il Samadhi secondo Sri Ramana Maharshi

Sri Ramana veniva spesso interrogato sul samadhi con le sue diverse accezioni; qui vengono presentate alcune sue parole prese nei diversi dialoghi, dove spiega la differenza fra i diversi stati nei resoconti delle conversazioni svoltesi con i vari ospiti dello Sri Ramanasramam.

Il vaso Immaturo

Ramana Maharshi

Discepolo: Si può parlare al Divino come fece Sri Ramakrishna?

Ramana Maharshi: Se ci si parla l’un l’altro, perché non si dovrebbe poter parlare al Divino nella stessa maniera?

D: Allora, perché non ci riusciamo?

M: Servono purezza, forza mentale e pratica nella meditazione.

D: A queste condizioni, allora il Divino sarà visibile?

M: Una tale manifestazione sarà reale quanto la tua stessa real­tà. In altre parole, quando identifichi te stesso con il corpo, come nel mondo manifesto, tu vedi gli oggetti grossolani; quando [ti identifichi] nel corpo sottile o sul piano mentale, come nel svapna [sogno], vedrai gli oggetti ugualmente sottili; in assenza di identificazione, come in sushupti [sonno profondo], non vedrai niente. L’oggetto visto man­tiene una relazione con lo stato del veggente.

La Via di Sri Ramana

Sri Ramana Maharshi è noto fra coloro che ricercano l’accesso ad elevati livelli di consapevolezza. In India, è considerato uno jnani, Conoscitore, Colui che è giunto alla conoscenza del Sé supremo attraverso l’auto-conoscenza. Affascina il non provenire ad alcun lignaggio iniziatico conosciuto, il non essersi riconosciuto in alcuna religione e l’essere vissuto sulla sacra collina di Arunachala.

Soddisfa, sotto molti aspetti il bisogno di chi confonde l’intolleranza in una pratica spirituale disciplinata con l’anelito di chi brama l’Assoluto. D’altra parte il degrado delle società moderne denuncia il ritiro dei lignaggi sapienzali qualificati a cui guardare, appartenenti all’unica tradizione universale metafisica, a cui Sri Ramana Maharshi si volge attraverso il ramo del Vedanta Non-duale (advaita).

Il fine dello Jnani

Lo Jnani mira alla Conoscen­za del Reale-Assoluto e in questo suo obiettivo non può servirsi di strumenti di natura relativa, come la mente empiri­ca analitica (manas), che ope­rano nel relativo, con dati ir­reali e secondo una modalità condizionata da diversi fattori, o limitati come i sensi, ecc.

Il finito non conduce all’Infinito, il falso non porta al Vero. La Conoscenza-jnana non si persegue con la proiezione mentale, né attraverso la mente analitica, ma con l’intui­zione, la comprensione e la consapevolezza.

La Realtà del Mondo

Teorie sulla Creazione

Sri Ramana aveva scarso interesse per l’aspetto teorico della spiritualità. Il suo principale interesse era portare le persone a una consapevolezza del Sé e, per raggiungere questo fine, sostenne sempre che la pratica era più importante della speculazione.

Scoraggiava le domande di natura teorica rimanendo silente quando venivano formulate o chiedendo all’interlocutore di trovare la sorgente dell’”io” che stava ponendo la domanda. Occasionalmente si addolciva e dava dettagliate esposizioni di vari aspetti della filosofia, ma se i suoi interlocutori insistevano troppo nei loro quesiti o se la conversazione si dirigeva verso uno sterile intellettualismo, cambiava argomento e dirigeva l’attenzione dei suoi interlocutori su questioni più pratiche.

Molte di queste conversazioni filosofiche si concentravano sulla natura e l’origine del mondo fisico, poiché Sri Ramana era noto per le sue opinioni totalmente in disaccordo con la comune opinione del mondo. Come con molti altri argomenti, egli adattava le sue affermazioni affinché si conformassero ai diversi livelli di comprensione che incontrava nei suoi interlocutori, ma anche così, quasi tutte le sue idee erano radicali confutazioni dei concetti della realtà fisica condivisi dalla maggior parte delle persone.

Sri Ramana adottò tre diversi punti di vista quando parlò della natura del mondo fisico. Egli li patrocinò tutti in momenti differenti, ma dai commenti che in genere esprimeva sull’argomento è chiaro che considerava vere o utili solo le prime due teorie qui descritte: