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Vita

Attaccamenti Precedenti

Uno o due mesi dopo Venkataraman s'imbattè per caso nel Periapuranam (la grande epica) che Subbu Iyer aveva preso in prestito da qualcuno. L’epopea fu originata nelle seguenti circostanze: "Il sovrano del territorio Chola , Anapaya Chola, era un Jainista ed un tormentatore degli Shivaiti, il poeta Sekkizhar era tra coloro che subivano queste molestie:

"Tirunavukkarasar (Appar) non distribuì in carità tutto il suo patrimonio e si diede al Jainismo? e poi non si riconvertì allo Shivaismo grazie alle attenzioni di sua sorella? Perché una cosa del genere non accade al Rè? Questa è la terra di Shiva, ci sono dodici kshetra, sei kumarasthana, cinque linga uno per ogni elemento e 1008 Sivasthana. I grandi Nayanmar dedicarono le loro vite a lodare Shiva, godendo nel pensiero della Sua magnifica forma e guardando a se stessi come ad un granello di polvere ai Suoi piedi; esaltavano Shiva cantando lodi che recano grande gioia alla gente comune.

Non si convertirà, questo re, nell’ascoltare le storie dei devoti? Le custodirò in un libro, come in un sacrario, pensò Sekkizhar e si apprestò al lavoro. Ma aimeh, non una parola usciva dalla sua bocca, iniziò a piangere amaramente e pregò Shiva perchè si sentiva totalmente impotente ad eseguire il lavoro. Shiva stesso compitò la prima parola, dopodiché la devozione di Sekkizhar sgorgò come grazia ricevuta e ne risultò il Periapuranam. Il poeta lo recitò al re Chola, in presenza di Nataraja, che ne fu benedetto."

L’Avvento

 

Era l’Ardra Darshan, quel giorno si commemorava l'evento in cui Siva mostrò la sua ananda tandava (danza della beatitudine) a Patanjali e ad altri a Chidambaram per adempiere alla promessa fatta a Adisesha nella foresta di Daruka. 

Nel villaggio di Tiruchuzhi, Bhoominatheswara (altro nome di Shiva) con la sua consorte Sahayamba, rientrava nel tempio dopo essere stato portato in processione per tutte le strade del villaggio benedicendo i suoi devoti. A nord-est del tempio c’era la casa (1) di Sundaram Iyer, la cui moglie Alagamma aveva le doglie per il parto del suo terzo bambino. La statua di Shiva rientrava nel tempio proprio mentre il piccolo Venkataraman veniva al mondo.

Era il 29 dicembre del 1879, ben oltre la mezzanotte, quindi il 30 di dicembre. La luna era nella costellazione di Punarvasu, un momento molto favorevole; la mezzanotte e il solstizio d'inverno rappresentano il momento in cui il sole inizia a riportate la luce al mondo.

Sri Ramana Leela

Sri Ramana Leela

Biografia di Bhagavan Sri Ramana Maharshi - Originale in Telegu di Sri Krisna Bhikshu

Curata e tradotta da Pingali Surya Sundaram - Prima edizione 2003 - Edita da V.S. Ramanan, - President, Sri Ramanasramam

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Note dell’editore

La Sri Ramana Leela in Telegu fu una delle tre biografie di Ramana pubblicate quando Sri Baghavan era fisicamente presente allo Sri Ramanasramam. Le altre due biografie furono Self Realisation (Inglese) e Sri Ramana Vijayam (Tamil). La traduzione ufficiale del libro in Telegu fu di Sri Krisna Bhikshu (1904-1981), il cui nome originale era Oruganti Venkata Krishnayya. Qualificato giurista, era anche un funzionario statale e dal 1930 un frequente visitatore dello Sri Ramanasramam.

La Sri Ramana Leela fu pubblicata la prima volta nel 1936 e fu riesaminata nelle edizioni successive.

Om Namo Bhagavate Sri Ramanaya

L'Infanzia

Il bambino Venkateswara era unico, raramente parlava o litigava. C’era un parente, più o meno della sua età, di nome Meenakshi, e Venkateswara non voleva poppare se anche Meenakshi non veniva allattato; era anche  indifferente riguardo l’alimentazione. Aveva un sorriso dolce e gentile ma dietro questo sorriso si notava determinazione. Giunto il tempo per l’ammissione a scuola, il suo nome venne registrato come Venkataraman e questo nome rimase. Lakshmana Iyer un parente prossimo della famiglia era molto portato per il Telugu, e si rivolgeva al bambino chiamandolo Ramana, oppure in certe occasioni come “Nayana Ramani”. “Nayana” in telugu letteralmente significa padre ma è anche usato come espressione d’affetto.

Il bambino adottò la tradizione Telugu e a differenza di altri bambini si rivolgeva al padre chiamandolo Nayana, e con il tempo anche gli altri membri della famiglia adottarono questo nome per rivolgersi a lui. Questo appellativo si estese anche agli estranei, così tutti cominciarono a rivolgersi a Sundaram Iyer come "Nayana."

La Famiglia

La Divinità di famiglia era Sri Venkateswara. Da questa divinità Il fratello maggiore di Sundaram Iyers, Venkateswara Iyer, aveva preso il nome. Venkateswara Iyer si distingueva dagli altri per la sua devozione; usava donare metà dei suoi guadagni alla dea Sahayamba. Già all’età di diciotto anni perse interesse per gli affari mondani e se ne andò di casa. Visse come rinunciante a Chidambaram dove impiegò il suo tempo a pulire le stradine che circondavano il tempio a beneficio dei devoti. Il nuovo nato fu chiamato Venkateswara come lo zio paterno e la divinità di famiglia.

Anche uno degli zii paterni di Sundaram Iyer era un rinunciante (Sivananda Yogi) e di conseguenza, quando suo padre, Nagaswami Iyer, morì prima che il ragazzo diventasse maggiorenne, il peso della famiglia gravò su Sundaram Iyer. A sedici anni lavorava come impiegato con una paga mensile di due rupie. Intelligente, lavoratore e benvoluto imparò rapidamente come stilare documenti legali, il suo modo di trattare era gentile e premuroso sia con i funzionari che con la gente comune. Anche senza presentarsi per alcun esame, ottenne la licenza per essere un patrocinante (avvocato difensore), un agevolazione allora disponibile. Si affermò rapidamente e diventando benestante, costruì una grande casa confortevole, costituita da due porzioni in modo da riservarne una per gli ospiti.

L’Alba

Il fiume Kaudinya, conosciuto come il redentore dei peccati, costeggia Tiruchuzhi dai lati nord-est e sud-est.

Durante una carestia, il rishi Kaundinya esegui il tapas di Siva e nacque il fiume. Il re di Malva, Somasila, era lebbroso e quando sentì parlare di questo fiume come redentore dei peccati andò a bagnarsi nelle sue acque. Fedele al suo nome, il fiume lo curò dalla lebbra. Così dice la leggenda: La vasca dell’acqua di Tiruchuzhi aveva una caratteristica peculiare. Il livello dell’acqua nella vasca era più alto del livello del suolo della città; nonostante questo l’acqua non straripava mai.

Di fronte al tempio, c’era uno specchio d’acqua noto come Soola tirtham, la leggenda dice che durante l’inondazione il Signore Siva sollevò questo pezzo di terra con il suo tridente salvandolo dall’essere sommerso. Lo specchio d’acqua si sollevò, tutta l’acqua si riversò in quello spazio di fronte al tempio ed il luogo deve il suo nome a di questo specchio d’acqua Tiru (sacro) chuzhi (mulinello, vortice). Il Soola-tirtham è ad est del mantapa; durante il mese di Magha il livello dell’acqua aumentava un gradino alla volta ed al decimo giorno la vasca si riempiva - Siva, dal mantapa dava il suo abhisheka. Poi, naturalmente, il livello dell’acqua calava nei dieci giorni successivi, questo era un fenomeno che si ripeteva a dispetto dell’intensità delle piogge. Il livello dell’acqua qui non ha nulla a che fare con il livello dell’acqua nei pozzi della città, e bagnarsi nelle acque del Soola tirtham curerebbe numerose malattie della pelle.

Rinascita

Passò un anno, e la vita andava avanti nella maniera consueta. Nel 1895, Nelliappa Iyer lasciò Tiruchuzhi per Manamadurai dove si sistemò come avvocato difensore di secondo livello. Nell’estate del 1896 sia Venkataraman che suo fratello si stabilirono nella casa dello zio. Nel 1896, Nagaswami sposò Janaki Ammal, anche i nuovi parenti acquisiti vivevano a Madurai. Venkataraman aveva diciassette anni ed era al decimo standard, si stava preparando per gli esami pubblici. Sebbene sapesse di non essere uno studioso, non aveva paura degli esami. Trovava piacere nei giochi che lo facevano crescere robusto ed in salute.

Era metà luglio di un pomeriggio, e Venkataraman era sdraiato sul pavimento della stanza al primo piano quando, senza una ragione apparente, ebbe improvvisamente paura di morire; “Stò morendo,” pensò. Anni dopo, Bhgavan raccontò così l’esperienza.

Agonia

Avendo provato la beatitudine del Sé, Venkataraman rimaneva sempre centrato nel Sé, anche se il corpo partecipava in qualche attività, i pensieri potevano andare e venire, ma l'Io continuava come l'interrotta nota di fondo, in questo stato di gioia, perdeva consapevolezza del corpo. Tutto questo accadde naturalmente e senza sforzo. Dimorare nel Sé e la devozione a Lui soltanto erano le due linee guida che governavano la vita di Venkataraman. Per colui che dimora nel Sé, perchè la necessità della devozione a Dio? Molto tempo dopo, ecco come Bhagavan raccontò: "non ero a conoscenza che l’esperienza del Sé fosse stata categorizzata e variamente descritta, non avevo familiarità con i termini filosofici quali “ Brahman”, né  sapevo cosa significasse Verità senza attributi.

Non ero consapevole che il Sé individuale ed Easwara fossero uno. Avevo consapevolezza di Easwara ma non che fosse lo stesso Atma. Non posso dire se il processo pensante (la mente) stesse scomparendo o se fosse sospesa. L’esperienza del Sé era senza sforzo, era dimorare nel Sé. Fu l’esperienza dell’atma ininterrotto nelle parole di Sankara, nello Jnana Vasishta è descritto come "sattva pathi."

Il Comando

Per natura, Venkataraman parlava poco e amava stare da solo. Era molto cambiato e questa trasformazione si notava, ma né i membri della sua famiglia né gli amici potevano supporre cosa gli stesse accadendo. Non giocava più con i suoi amici e non cercava più la loro compagnia. 

Le sue visite al tempio di Meenakshi erano sempre più frequenti e passava la maggior parte del tempo seduto tranquillamente, con gli occhi chiusi in meditazione. La sua precedente sensibilità, le sue pronte reazioni andavano smorzandosi. Lui, che prima era intollerante ad ogni osservazione divenne indifferente ad ogni nota di sarcasmo.

La sua passata sensibilità lasciava posto alla rassegnazione. Riguardo al cibo, da tempo non aveva nessuna preferenza, divenne umile. Continuò ad occuparsi della famiglia, del lavoro abituale, come una meccanica routine. Riprendeva i libri ma la mente era altrove, ed  il suo interesse allo studio, che non era mai stato grande, cominciò a diminuire.