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Opere
Durante la sua vita, Sri Ramana ha scritto poco, ma ha rivisto e corretto molti testi preparati dai seguaci che avevano raccolto i suoi dialoghi. Qui sono presentati alcuni degli scritti che possiamo considerare di sua mano perché scritti o corretti personalmente da Lui
La Ribhu Gita fu una delle opere spirituali preferite da Bhagavan Sri Ramana. È la sesta sezione dell’opera sanscrita Shiva Rahasya che contiene l’insegnamento che il Signore Shiva dà sul Monte Kailas al Suo devoto Ribhu, che dà il nome alla Scrittura.
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Questi sono gli ultimi versi composti da Sri Ramana Maharshi.
Furono scritti su richiesta di una devota, Suri Nagamma, autore del libro “Lettere dal Ramanasram”.
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1. Oceano di nettare, pieno di grazia, sommergi l’universo nel Tuo splendore!. Oh Arunachala, il Supremo stesso! Sii Tu il sole che fa sbocciare il loto del mio Cuore nella Beatitudine.
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Upadesha Manjari raccoglie le parole di Sri Bhagavan raccolte in tempi diversi da Sri Natanananda. I testo - suddiviso in Insegnamento o Upadesa, Pratica o Abhyasa, Esperienza o Anubhava, Conseguimento o Arudha - è stato pubblicato nel 1934, vivente lo stesso Ramana, pertanto appartiene a quelli corretti e supervisionati con la sua supervisione.
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(Ulladu Narpadu)
Invocazione
I - Se la Realtà non esistesse potrebbe sorgerne il pensiero? Priva del pensiero, la Realtà vive all’interno nel Cuore, come comprendere la Realtà che chiamiamo Cuore? Conoscere Quello, è semplicemente essere Quello nel Cuore.[1]
II - Coloro che hanno paura della morte cercano rifugio ai piedi del Signore Supremo, che non ha né nascita e né morte. Morti a sé stessi e ai loro possedimenti può il pensiero della morte sorgere ancora? Essi sono immortali.
Il Testo
1. Finché percepiamo il mondo, dobbiamo riconoscere ad entrambi la Sorgente comune, unica ma con il potere di sembrare molti. Le immagini del nome e della forma, colui che vede, lo schermo, la luce che illumina --- tutte queste cose sono Lui.
2. Sulle tre entità --- l’individuo, Dio e il mondo---si basa ogni credo. Quell’unica Realtà manifesta sé stessa come i tre. Si dice che "i tresono sempre tre" solo fino a quando l'ego perdura. Perciò, essere inerente alla propria unica natura, dove l'io/ego è morto, è lo Stato Supremo.
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