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Devoti

Swami Viswanatha

Il mio primo darshan di Bhagavan Sri Ramana avvenne nel gennaio 1921 allo Skandashram[1] che si trova sul versante est di Arunachala e sembra davvero il cuore della maestosa montagna. E’ un bell’angolo tranquillo di mondo, con alcuni alberi di cocco e altre varietà di alberi da frutto, che vive una perenne primavera cristallina. Bhagavan, che si trovava là, era il centro di tanta naturale bellezza.

Vidi in lui qualcosa di particolarmente interessante che lo distingueva chiaramente da tutti gli altri uomini che avevo incontrato fino ad allora.

Sembrava vivere al di fuori della sfera fisica, piuttosto distaccato da essa. Il suo sguardo e il suo sorriso emanavano un fascino decisamente spirituale. Quando parlava, le parole sembravano uscire da un abisso. Nella sua persona e nei suoi movimenti si poteva vedere una purezza immacolata e il non-attaccamento. Avvertii qualcosa di molto puro, nobile e sacro intorno a lui.

Lo Splendore Continuo della Consapevolezza Interiore

È detto nei Purana che, con l'affermarsi del Kali Yuga (Era oscura), l'umanità parlerà tanto del Brahman ma poiché sarà assorbita dalla vita sensoriale, non cercherà di comprendere, di armonizzarsi e di essere Quello.

Possiamo notare che molti sono indifferenti o persino contrari alla verità e all'esperienza spirituale. In queste condizioni come può una persona che non ha in sé le qualità di base indispensabili: aspirazione, zelo ed autocontrollo, e non è in grado di concentrare la sua mente neppure sulla ripetizione di qualsiasi mantra o Nome di Dio, comprendere la Realtà ultima che è più sottile del sottile?

Ecco perché, nella tradizione spirituale di ogni religione, l'attenzione interiore, l'aspirazione, l'autocontrollo e la concentrazione su determinati mantra nonché lo studio delle Scritture sono basilari nei primi passi della vita spirituale.

Echammal

Di Ramana Maharshi sono noti i dialoghi che affascinano per la non dualità cui indirizzano attraverso l’indagine sull’io.

Non è pa­rimenti risaputo che i devoti e i discepoli che gli si sono raggruppati intorno, se durante la meditazione praticavano l’indagine sull’io, in altri momenti distribuivano le azioni fra la venerazione del Divino, anche nella figura del Maestro, e il servizio in favore del Maestro o dei suoi seguaci. È la continua, indefessa azione di questi Suoi figli spirituali ad avere costruito il Ramanasramam e ad averci lasciato una mole di detti, aneddoti, dialoghi e diari della sua vita.

Echammal è uno di questi discepoli, la sua vita è stata dedita al nutrimento del Maestro e di chi gli stava accanto.

Echammal è una figura di spicco fra i devoti di Sri Ramana, tutti rico­noscono la sua caratteristica andatura, quando sale fino alla caverna di Viru­paksa con gli involti del cibo che porta al suo Bramanaswami e a coloro che sono con lui, come fa ogni giorno, ininterrottamente dal 1907 al 1945. È an­che grazie al suo lavoro e a quello di altre come lei (Kerraipatti e Mudaliar­patti) che si sostiene il primo nucleo di sadhu formatosi ai piedi del Maestro.

Rassegna video dei vecchi devoti

L’archivio dello Sri Ramanasramam ha una considerevole raccolta di interviste video dei vecchi devoti di Bhagavan. In queste interviste i devoti parlano del loro primo darshan e dell'esperienza avuta in Sua presenza.

Sri K. Swaminathan lasciò il corpo all’età di 99 anni, era un parente stretto di Sri. S. Rajam noto cantante di musica Carnatica e del defunto Maestro di veena S. Balachandar. Questa video intervista è stata presa all'inizio del 2008 nella sua residenza di Chennai.

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Devoti di Sri Bhagavan

Periodo nel Tempio (1 Settembre, 1896 – primi del 1897)

Akhilandamma - nata nel 1871 nel Desur. La prima che vide Sri Ramana nel 1896 quando viveva nel Tempio di Arunachaleswara.

Uddandi Nayanar - giunse a Sri Ramana nel tardo 1986.  Fu il primo regolare devoto che si unì a Sri Ramana.

Annamalai Tambiran

Periodo a Gurumurtam (i primi del 1897)

Venkatarama Aiyer

Palaniswami

Major Alan Chadwick

Sadhu Arunachala

Non è facile descrivere le reazioni al primo incontro con Bhagavan. Sentii la straordinaria pace evocata dalla sua presenza, dalla sua Grazia, mi sembrava di conoscerlo da sempre. Non era come ritrovare un vecchio conoscente, ma sentire che Lui era sempre stato lì con me, sebbene all’epoca non ne fossi consapevole. Ora lo sapevo. Fu solo in seguito, quando abitai in India per qualche tempo, che iniziai a realizzare quanto benevolo fosse stato Bhagavan con me fin dalla prima volta. Le mie attitudini mi furono messe di fronte; Bhagavan rispondeva alle reazioni delle persone, se ci si comportava in modo assolutamente naturale, senza tensioni, il comportamento di Bhagavan era simile.

Quando entrai nell’Atrio per la prima volta, Lui era seduto sul suo giaciglio, guardando la porta. Erano circa le sette ed egli era appena ritornato dalla sua passeggiata sul Monte. Bhagavan adorava il Monte e nulla lo rendeva più felice di quando poteva vagare sulle sue pendici. Mi salutò con il suo incantevole sorriso e mi chiese se avevo fatto colazione, quindi mi invitò a sedermi. Bhagavan mi parlò l’intera mattinata, e fino all’ora di pranzo mi fece molte domande, su di me e sulla mia vita. Tutto sembrava così spontaneo. Più tardi avrei scoperto che di solito accoglieva i visitatori con uno sguardo, faceva qualche osservazione e rimaneva poi in silenzio, o attendeva che essi gli sottoponessero i loro dubbi o lo interrogassero, in modo da rispondere. O ancora, spesso sembrava inconsapevole che qualcuno fosse entrato, sebbene questa fosse solo un’apparenza, poiché egli era sempre pienamente consapevole.

Chhaganlal V.Yogi

Che cosa significa Sri Bhagavan per me? Dopo aver sperimentato per molti anni il dono della sua grazia, posso rispondere: “Per me è ogni cosa. E’ il mio Guru e il mio Dio”. Posso dirlo serenamente, perché se non avessi avuto la sorte benigna di incontrarlo e dopo, quella di stare in stretto contatto con lui, starei ancora brancolando nell’oscurità. Sarei ancora un San Tommaso dubitante.

Come ebbe inizio?

Quando avevo diciotto anni lessi molti libri di Vivekananda e di Swami Rama Tirtha. Queste letture generarono il desiderio in me di diventare  un sannyasin, come gli autori di quei libri. I loro scritti impiantarono in me, anche, l’ideale di una vita semplice, di alti pensieri e dedicata alla spiritualità.

In un modo o nell’altro, il desiderio di diventare un sannyasin, non fu mai realizzato, ma l’ideale di una vita impegnata si imprimeva nella mia mente sempre più profondamente.

All’età di venti’anni ebbi la buona fortuna di contattare il Mahatma Gandhi. I suoi ideali conquistarono il mio cuore e per diversi anni, fedelmente, tentai di porli in pratica.

S. S. Cohen

Il 3 febbraio del 1936, di mattina presto, osservai  la mia “gualdrappa” rotolare per due miglia e mezzo su una strada dissestata, dalla stazione di Tiruvannamalai al Ramanashramam. Due notti insonni nel treno da Bombay mi avevano stancato il corpo e la mente. La mia testa era affetta da capogiri e i miei sensi erano confusi. Speravo in po’ di riposo all’asram, ma quando arrivai non vidi nessuno.

All’improvviso apparve un uomo corpulento, un gigante, i capelli spettinati e le labbra rosso scarlatto per il continuo masticare foglie di betel e nocciole. Era seduto sul pavimento davanti ad una foglia-piatto quasi vuota, mi chiamò con il più gentile cenno del capo e con il più dolce sorriso che si possa immaginare: “Sei tu Mr. Cohen? Svelto, seguirmi prima che il Maharshi esca per la sua passeggiata” disse a voce alta.

N.R. Krishnamoorty Aiyer

Adesso ho novantadue anni, incontrai la prima volta il Maharshi nell’estate del 1914, quando ero un ragazzo di 16 anni. Eravamo in pellegrinaggio a Tirupati e ci fermammo a Tiruvannamalai, da dove mia nonna proveniva. Non eravamo stranieri in questa città. Nel gruppo di pellegrini c’era un mezza dozzina di ragazzi, tutti più o meno della mia stessa età. Decidemmo di salire alla grotta di Virupaksha dove Il Maharshi allora viveva ed era piacevole notare l’attenzione che prestava alle nostre attività.

Stavamo tutti giocando con il guscio di una conchiglia. La conchiglia era suonata dai sadhu che andavano in città per mendicare cibo. Uno dopo l’altro, anche noi tentavamo di soffiare il guscio della conchiglia, nessuno ce lo impedì, anzi notai un sorriso di incoraggiamento da parte del Maharshi. Questa fu la mia prima visita. Otto anni più tardi, tornai a Tiruvannamalai per rendere visita a mia sorella che celebrava il suo matrimonio. Una sera, insieme a due compagni andammo a visitare Kavyakanta Ganapati Muni nel  suo asram sulla collina. Cosa posso dire di quel grande veggente del Mantra Sastra?

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